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Una farfalla che da sempre desidera la libertà

La storia di Giulia

Giulia ha gli occhi chiari e intensi, un sorriso pulito. Lineamenti regolari e dolci, incorniciati da capelli biondi: tanti, lisci e fini. È bellissima, una roccaforte di rose delicate, per nulla vistose, che, con il sostegno di pochissime spine, vigilano sull’interno: un animo garbato e profondo, certamente inspessito dalla pesantezza della malattia. Anche il nome che ha scelto per i social testimonia il bellissimo ossimoro, “Wondergiuggiola”: forte, come Wonder Woman, e al contempo Giuggiola, il tenero nomignolo con cui la chiamano da quando è bambina.

Giulia ha vissuto i suoi 26 anni con la fibrosi cistica, anche se la diagnosi è arrivata quando ne aveva 9:
«Non ho potuto curarmi e abituarmi sin da subito all’idea. Mi sono sentita come una farfalla, fragile e delicata, nata per volare, che viene rinchiusa in gabbia». Limiti, freni e tempi scanditi. La fibrosi cistica, nonostante tutto quello che si è presa e che continua a togliere, le ha donato occhi nuovi, occhi che guardano con il cuore: «Vivo come missione dare conforto e coraggio alle persone che incontro: trasmetto un messaggio forte, che spero arrivi e anzi si amplifichi».

Per dare un valore ancora più alto alla sua missione, da anni è responsabile del Gruppo di Sostegno FFC di Crotone “Vita in te ci credo” e queste sono le sue parole in occasione del “Dream Gala”, l’elegante charity dinner dello scorso 7 dicembre da lei ideata.

“Buonasera e benvenuti al Dream Gala Dinner il cui ricavato andrà a sostegno della ricerca scientifica in fibrosi cistica.
Stasera voglio raccontarvi un sogno. In cima alla lista, è inutile che velo dica, il sogno più grande è e rimarrà quello di guarire dalla fibrosi cistica. Ma oggi ve ne svelo un altro, che è l’ultimo tassello del puzzle, il mancante che permette la realizzazione di quello più importante.

Sappiamo benissimo, quanto lavoro, genio e bravura ci sia dietro una cura sperimentale. E quali siano i tempi e i costi della scienza. Per questo, ogni giorno si cerca di coinvolgere più persone in raccolte fondi o in eventi di sensibilizzazione come questo, perché noi, la scienza e i ricercatori, abbiamo bisogno di tutti voi.
Abbiamo fatto passi da gigante nel tempo. Se fino a pochi anni fa non si arrivava alla maggiore età, adesso l’aspettativa di vita è intorno ai 40 anni.

Pensate se si creasse un passaparola, una catena d’amore, dove potremmo arrivare?
Aiutare il prossimo, donare una speranza, fa bene non solo a chi riceve, ma soprattutto a chi dona.
Sto dicendo… che voi, voi siete il tassello mancante. Solo grazie al vostro supporto, voglia di fare, potremo far sì che il mio sogno, che condivido con tanti altri, si realizzi.

Oggi state ascoltando la mia storia. È capitato a me, ma chiunque potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione. E quando la fibrosi cistica entra nelle vostre case, nelle vostre vite, non vi chiede mica il permesso: come un fiume in piena vi travolge e vi stravolge per sempre.

Ogni settimana nascono quattro bambini malati e una persona muore di fibrosi cistica. Chi nasce malato, infatti, ha ereditato un gene difettoso sia dal padre sia dalla madre. In Italia c’è un portatore sano ogni 25, che quasi sempre non sa di esserlo. Per questo, consiglio sempre di fare il test, prima di decidere di iniziare una gravidanza. È una malattia che non perdona e non è uguale in tutti i soggetti. Può essere molto lieve o molto severa sin dalla nascita. Esistono tantissime mutazioni e al momento solo per le più comuni ci sono le prime cure sperimentali. Anche ultimamente è uscita la notizia di un farmaco messo in commercio negli Stati Uniti, adatto solo per un tipo di mutazione che in Italia interessa poco più della metà dei malati.

Nei telegiornali è passato il messaggio che è stata trovata la cura. Ma non è così. È stato fatto un gigantesco passo in avanti che potrebbe salvare la vita a migliaia di persone, ma c’è ancora tanto da fare.
Ancora di più oggi e per i prossimi anni è doveroso sostenere la ricerca affinché nemmeno un malato rimanga senza cura: farò di tutto per raggiungere questo traguardo, anche se non dovessi alla fine godermelo. Magari lascerò il testimone a qualcun altro, ma almeno saprò per certo di aver lottato per una giusta causa, per una vita migliore.
Lo faccio e lo dovremmo fare tutti insieme, affinché le generazioni future, non sentano più la parola fibrosi cistica e possano finalmente vivere la vita che sognano senza paure e limiti.

Nonostante la malattia sia stata la mia condanna, è stata ed è anche la mia salvezza. Per troppo tempo l’ho odiata, per avermi fatto sentire diversa e inadeguata. Le ho permesso di portarmi via tutto: i sogni, la speranza, il respiro. Nonostante questo è riuscita a tirar fuori il meglio di me: mi ha insegnato a combattere e molto spesso a vincere le mie paure più grandi.
Sicuramente senza la fibrosi cistica, non sarei la donna che sono oggi e guarderei ogni cosa da un’altra ottica. E soprattutto stasera non avrei avuto il piacere di incontrarvi tutti e di ringraziarvi uno ad uno per aver scelto di essere qui con me.

Ora più che mai voglio ringraziare il mio gruppo “Vita in te ci credo” che anche questa volta, con tanto impegno, mi ha sostenuto nella realizzazione di questa magica serata.
Non voglio dilungarmi troppo e soprattutto non voglio annoiarvi! Vi auguro un buon inizio di serata e buon divertimento!

Un abbraccio,

Giulia”

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