Umberto

Calcio, mare e fibrosi cistica.
di Giulia Bovi
Umberto

Serio e diligente, fin da bambino. Umberto è sempre stato così. Leggendo queste poche parole si pensa subito alla scuola e ai compiti. Ma la serietà e la precisione che fanno parte del suo carattere sono relative alle terapie, alle precauzioni igienico-sanitarie e ai farmaci, perché Umberto è nato con la fibrosi cistica.

I suoi genitori ricevettero la diagnosi già al giorno uno, appena venne al mondo a Milano nel 1999, a causa di un intervento chirurgico da neonato (per problematiche non collegate alla fibrosi cistica). Già da piccolissimo, mamma e papà gli insegnarono ciò che a loro volta avevano dovuto apprendere circa le cure, i farmaci e le cautele da utilizzare per essere al sicuro, e Umberto dimostrò sempre un’eccellente aderenza alle terapie e grande autonomia nella gestione della propria routine, tanto da poter andare con sufficiente serenità a giocare a casa degli amichetti senza scordarsi gli enzimi.

Con il rispetto maniacale delle cure va a braccetto un altro “trattamento” che ha sempre fatto sì che Umberto potesse sentirsi bene e respirare al meglio: lo sport. A cinque anni infatti iniziò a giocare a calcio, con una frequenza che oggi arriva fino a quattro allenamenti a settimana più la partita nel weekend. Con il papà ricorda poi i salti con la palla per aiutare la ventilazione, e oltre al calcio vanno aggiunti tennis, calcetto con gli amici e d’estate footvolley e racchettoni.

Spesso, negli anni, sia la dottoressa che lo segue (prima a Milano e poi a Brescia) sia i fisioterapisti chiesero a Umberto di farsi “divulgatore” dei grandi benefici dello sport per le persone con fibrosi cistica, di parlare con altri malati, piccoli e grandi. «La fatica è inevitabile, – racconta – ci ho messo molti anni a raggiungere un livello di resistenza che si avvicini a quello degli altri, ma ora posso quasi paragonarmi ai compagni di squadra sani! Facevo il doppio dello sforzo, mi allenavo di brutto, ma mi aiuta moltissimo rispetto a fare solo la fisioterapia». Con grande maturità e consapevolezza, Umberto lo ripete ogni volta che gli viene chiesto. «Unito al fatto che non ho mai saltato una seduta, lo sport mi aiuta a liberarmi molto di più. So che molti si fermano, si bloccano perché la fatica è reale ed è tanta, ma quando non ho allenamento non mi sento così pulito dentro». Anche durante la pandemia da Coronavirus, a pochi chilometri da Codogno (vive a Crema con la famiglia), nessuna scusa per non allenarsi, anche da solo, a casa. «Psicologicamente l’ho sofferta come tutti, credo, ma mi arrabbiavo moltissimo alle notizie di chi non rispettava le regole». Lo sport con la fibrosi cistica contribuisce a migliorare la qualità del respiro e quindi della vita, è una scelta che fa fatta ogni giorno.

Umberto fece anche un’altra scelta, nel tempo, in grado di giovare alla sua salute: lavorare vicino al mare. Con suo fratello Riccardo, infatti, gestisce un locale e un lido sulle spiagge di Cervia da aprile a ottobre, facendo scorta dei benefici dell’aria salubre di mare.

Alla domanda “Che cos’è per te la ricerca?”, Umberto risponde così:

«Come lo sport, per chi ha la fibrosi cistica la ricerca scientifica rappresenta la possibilità di cambiare le tue abitudini. Negli anni a venire potrà solo cambiare in meglio. Ma la ricerca va finanziata, per questo è importante destinare il 5×1000 a FFC. Basta una firma per cambiare la nostra vita!».

Aurora

Mi chiamo Aurora, la fibrosi cistica fa parte di me, ma io non sono la mia malattia, né posso arrendermi all’idea che sarò malata per sempre: credo che l’uomo possa tutto e ognuno di noi possa qualcosa.
Aurora