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2 Maggio 2019

Ulteriori informazioni sulla terapia con batteriofagi

Autore: Anna Rosa
Domanda

Ho letto che la Fondazione ha finanziato tre progetti di ricerca di prove scientifiche, a ulteriore sostegno della terapia fagica, onde ottenere la sua autorizzazione dalle Agenzie competenti. Pertanto, chiedo cortesemente dove posso trovare info riguardanti lo stato dell’arte o gli esiti già raggiunti e l’auspicabile disponibilità, in tempi brevi, di preparati fagici mirati, ormai indispensabili per note ragioni. In fiduciosa attesa, ringrazio e saluto.

Risposta

Alcuni ricercatori esperti nel campo della terapia con i batteriofagi hanno redatto lo scorso anno un breve sunto sulle sue caratteristiche principali e i potenziali sviluppi (1), sottolineando come essa sia potenzialmente applicabile ad un gran numero di malattie infettive diverse, che vanno dalle infezioni intestinali (dissenteria, enterocoliti) alle otiti, dalle infezioni di ustioni a quelle della pelle e dell’apparato urinario, dal trattamento di osteomieliti alle infezioni polmonari, incluse quelle di pazienti con fibrosi cistica (FC). In Europa orientale la terapia fagica è già in varia misura disponibile, mentre regolamentazioni più importanti ne impediscono attualmente l’utilizzo in Europa occidentale. Cerchiamo di capire il senso di questa spaccatura, peraltro già affrontata nel contributo (1). L’interesse del mondo occidentale verso la terapia fagica è dovuto a due fattori principali: la difficoltà delle aziende farmaceutiche a scoprire nuovi antibiotici efficaci e l’allarmante diffusione di ceppi batterici resistenti ai più comuni antibiotici.

Tuttavia, ad oggi le evidenze scientifiche su efficacia e sicurezza della terapia fagica non sono in alcun modo convincenti, come mostrato in una recentissima rassegna (2). Innanzitutto, essendo i fagi altamente specifici per specifici batteri, bisogna conoscere esattamente la popolazione batterica che si andrà a colpire, cosa non sempre possibile. Inoltre, la caratterizzazione genomica dei fagi – ossia come sono fatti a livello genetico –  è molto importante per predirne la sicurezza: infatti, i fagi possono essere fonte di trasferimento orizzontale di geni nei batteri, riuscendo a rendere i microbi, che dovrebbero attaccare, ancora più resistenti e patogenici. Esistono degli algoritmi che possono predire il lifestyle di un fago, ma non sono ancora completi e aggiornati. Ed infine, un’altra limitazione importante, che è stata riportata in letteratura (2), è la dubbia stabilità dei fagi a seconda del metodo di somministrazione: nasale, orale o topico. Nonostante queste limitazioni, sono diversi i casi riportati in cui, con successo, è stata utilizzata la terapia con fagi per infezioni dell’occhio, pancreatiti, ulcere e infezioni del tratto urinario. Ma, per quanto negli anni passati siano stati registrati degli studi clinici anche di fase I o II sull’utilizzo dei fagi contro i batteri comuni – compreso uno su campioni di espettorato FC (NCT01818206) – il numero di studi che risulta completo da un punto di vista di pazienti arruolati e di dati ottenuti, non permette di arrivare a conclusioni scientificamente rilevanti.

Per superare ulteriormente le limitazioni della terapia con i fagi, è stato proposto di combinarli con gli antibiotici tradizionali, dove effettivamente è stato visto un effetto sinergico. Di nuovo, purtroppo, il successo o il fallimento di una terapia combinata fagi-antibiotici è ancora in uno stato embrionale.

La Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica (FFC) ha finanziato negli ultimi anni 3 progetti (4), volti a verificare l’efficacia della terapia fagica nella cura delle infezioni da P. aeruginosa. I primi due (FFC#17/2015 e FFC#16/2016), ormai conclusi, hanno portato a isolare e caratterizzare un cocktail di fagi in grado di curare l’infezione acuta nei topi e in larve di Galleria mellonella. Il terzo (FFC#22/2017) si proponeva di validare la terapia fagica in un nuovo modello animale, il pesce Zebrafish, di cui è possibile ottenere un mutante che presenta caratteristiche molto simili a quelle FC. Per quel che sappiamo, è la prima volta che la terapia con i fagi è utilizzata per studiare la cura dell’infezione da P.aeruginosa su modello animale FC, ed i risultati del progetto sono stati recentemente pubblicati (3). Rivelano che il pesce Zebrafisch manipolato geneticamente mostra i sintomi FC e risponde alla terapia fagica quando infettato con Pseudomonas aeruginosa, ed incoraggiano un approccio di terapia combinata con somministrazione antibiotica. Si tratta di esperimenti su modello animale, ma per validare il protocollo ciò che ancora manca in fibrosi cistica, è un trial clinico di sperimentazione sull’uomo.

1) Chiariamoci le idee sulla terapia antibatterica con i fagi, 27/02/2018
2) Mansura S. Mulani, Ekta E. Kamble, Shital N. Kumkar, Madhumita S. Tawre, and Karishma R. Pardesi. Emerging Strategies to Combat ESKAPE Pathogens in the Era of Antimicrobial Resistance: A Review. Front Microbiol. 2019; 10: 539. Published online 2019 Apr 1. Doi 10.3389/fmicb.2019.00539 PMCID: PMC6452778 PMID: 30988669
3) M Cafora, G Deflorian, F Forti, L Ferrari, G Binelli, F Briani, D Ghisotti e A Pistocchi.  Phage therapy against Pseudomonas aeruginosa infections in a cystic fibrosis zebrafish model. Sci Rep. 2019; 9: 1527.  Published online 2019 Feb 6. doi: 10.1038/s41598-018-37636-x

 

 

Flaminia Malvezzi


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