La domanda del nostro interlocutore ci ha spinto a considerare gli
effetti nella vita reale di Kalydeco. A questo proposito, poiché in Italia il farmaco è stato autorizzato per l’immissione in commercio a spese del SSN nell’aprile 2015, si è accumulata un’esperienza di più di 5 anni di somministrazione continuativa del potenziatore.
Abbiamo raccolto alcune considerazioni sui risultati ottenuti da
ricerche cliniche nelle persone che hanno almeno una mutazione di
gating e sono state trattate con Kalydeco per un periodo di almeno 5 anni. La domanda cui abbiamo cercato di rispondere è: ci sono evidenze di una riduzione dell’efficacia nel tempo? La risposta di approfondimento è pubblicata nella
sezione Commenti degli esperti, a
questo link.
Riassumendo, molti benefici del farmaco evidenziati anche nei trial di fase 3 si confermano nella vita reale e soprattutto persistono per una durata di 5 anni. Tuttavia, questo trend è accompagnato da una perdita completa, o quasi, del
guadagno di FEV1 ottenuto nei primi mesi. Questo dato è poco comprensibile stante i benefici ottenuti per tanti altri aspetti, compresi quelli microbiologici sulla prevalenza di
P.aeruginosa.
Riteniamo peraltro che la perdita nel tempo del guadagno di funzione ottenuto con la somministrazione del potenziatore vada ben considerata per il
significato prognostico che ha ogni perdita di funzione polmonare nel tempo.
Non conosciamo a quali aspetti della riduzione di efficacia di Kalydeco fa riferimento il nostro interlocutore, ma i dati raccolti nel medio-lungo periodo confermano che almeno per quanto riguarda la
funzione polmonare il farmaco perde efficacia nel tempo. Sono perciò molto realistici e concreti i suoi quesiti.
Crediamo che una risposta possa venire dall’immissione in commercio di
nuovi potenziatori della proteina CFTR, di pari efficacia rispetto a Kalydeco, almeno per i risultati ottenuti nei trial di fase 3. Il risultato atteso sarà quello di ottenere nel periodo di 5 anni una ulteriore stabilizzazione della funzione polmonare e perciò un impatto sulla prognosi nel lungo periodo.
Una
recente segnalazione evidenzia la possibilità di
adattare nel singolo individuo la dose del farmaco modulatore, tenuto conto della variabilità riscontrata negli studi di fase 1 e 2. Questa ipotesi ha bisogno di ulteriori verifiche per identificare il dosaggio ottimale, cioè quello associato a una massima risposta clinica per misure di esito, come il cloro sudorale e FEV1, e a effetti collaterali contenuti.
Crediamo poi che un ulteriore vantaggio possa venire al nostro interlocutore da un
trattamento efficace per le mutazioni stop: la ricerca sta approntando le possibili soluzioni per incidere anche su questo gruppo di mutazioni. Kaftrio non è efficace per queste ultime mutazioni e perciò non rappresenta una potenziale futura soluzione.