Gli adulti con FC hanno bisogno di comunicare con i curanti sulla propria malattia

Gli adulti con FC hanno bisogno di comunicare con i curanti sulla propria malattia

Esiste negli Stati Uniti un progetto di studio chiamato PAC-CF: Project on Adult Care in Cystic Fibrosis. Vi partecipano dieci Centri, di cui il più grande è quello di Boston, e ha l’obiettivo di indagare a che punto siano e come evolvano i vari aspetti delle cure dell’adulto FC. Questa ricerca che segnaliamo è una ricerca del PAC-CF (1).

La riteniamo interessante perché sottolinea come un aspetto non trascurabile delle “cure” dell’adulto FC consista nella “comunicazione” sulla malattia, vale a dire nel bisogno di essere informato su di essa e nell’importanza che questo bisogno venga soddisfatto. Naturalmente non tutti gli argomenti d’informazione hanno lo stesso peso e infatti gli adulti FC della ricerca (233, con età media di 34 anni, FEV1 mediana 68%, intervistati per posta) dovevano valutarne una ventina e attribuirvi un certo punteggio indicante maggiore o minore priorità. Era poi definita “insoddisfazione” quella che riguardava un argomento importante che per contrasto veniva poco discusso insieme (pazienti-curanti).

Gli argomenti ritenuti più importanti sono stati la possibilità di nuove terapie, le modalità di quelle esistenti per i vari sintomi FC e in particolare le modalità di trattamento delle infezioni respiratorie. Poi, a seguire : come evitare le infezioni, che cosa aspettarsi se la FC peggiora, la maggiore o minore gravità della propria situazione, come affrontare il calo di energia, come affrontare l’imprevedibilità dell’andamento della malattia e quindi del futuro, gli effetti collaterali sfavorevoli delle cure. L’insoddisfazione massima riguardava la possibilità di avere informazioni su come affrontare il calo di energia, la possibilità di nuove terapie, l’imprevedibilità del futuro: quasi un terzo degli intervistati non aveva potuto parlarne con nessuno.

Non c’erano grosse differenze fra le risposte degli intervistati in relazione all’età, al sesso (le femmine erano il 59% del totale) e al livello di funzionalità respiratoria. Però quelle poche emerse erano interessanti: il gruppo dei più giovani (con età fra i 18 e i 24 anni ) ha valutato più importante il ricevere informazioni su come si eredita e trasmette la malattia e sui test genetici: è il periodo in cui si cerca un partner, ci si forma una famiglia. Le donne FC erano più preoccupate di ricevere risposte sul come affrontare il calo di energie, mentre i maschi sul come guadagnare peso. Come se la donna fosse impegnata su più fronti a spendere le sue energie e perciò avvertisse prima del maschio il condizionamento della malattia, mentre il maschio fosse molto preoccupato dell’immagine del suo corpo associato ad un’idea di benessere-prestanza fisica.

Una riflessione di fondo: stupisce che nel paese che ha fatto della comunicazione diretta e veritiera al malato una bandiera della medicina, ci sia poi difficoltà, come nella vecchia Europa, ad affrontare (curanti e malati) sia il tema della speranza (le nuove cure) che il tema del peggioramento della malattia. Evidentemente non tutto negli USA è come ci vorrebbero far credere nei loro telefilm (vedi “Emergency Room” ), la realtà è molto più complessa e per comunicare su questi argomenti i curanti debbono essere provvisti di attitudini (che si possono forse almeno in parte indurre) e competenze particolari (che si possono acquisire).

1) Sawicki GS et all “Adults with cystic fibrosis report important and unmet needs for disease information”. Journal of Cystic Fibrosis 2007; (6):411-416

15/04/2008

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