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La Fondazione è stata il biglietto di “rientro del mio cervello” dagli USA

Dietro il microscopio: Antonio Recchiuti

«Noi ricercatori viviamo sempre nell’incertezza sul nostro futuro…Per fortuna esiste la Fondazione (e realtà analoghe) che ogni anno lancia un bando di cui sai la data, e sai quando avrai risposte.»

Proattivo e con un naturale entusiasmo nel trasmettere la passione per la Ricerca, Antonio Recchiuti è impegnato presso l’Università degli Studi G. d’Annunzio Chieti e Pescara, nel dipartimento di Scienze Mediche, Orali e Biotecnologiche. Inizia nel 2014 la sua collaborazione da Principal Investigator con FFC ed è sempre in prima linea nel sostegno delle Campagne.

 

Se dovesse spiegarlo nel modo più semplice possibile: nel grande panorama della ricerca FFC, di cosa si occupa?

La prima volta che ebbi l’opportunità di partecipare alla North American Cystic Fibrosis Conference (NACFC), ricordo che un paziente FC diede una definizione tanto semplice quanto efficace di infiammazione, che è il mio focus di ricerca. Disse che l’infiammazione è il linguaggio usato dal nostro organismo per dirci che qualcosa non va. Nelle persone FC succede poi proprio questo, c’è una forte risposta infiammatoria che, però, non termina mai (o come diciamo in gergo tecnico “non risolve”). Nei miei studi mi occupo di capire come possiamo controllare la risposta infiammatoria nelle persone FC, cercando di far sì che l’organismo riesca a sfruttare la parte “buona” dell’infiammazione, quella che combatte l’infezione. In sostanza, “rieducare” l’infiammazione affinché protegga dalle infezioni, ma senza che sia troppo aggressiva e danneggi il malato. E lo facciamo studiando le azioni di alcune molecole chiamate “resolvine” che il nostro corpo produce.

Antonio Recchiuti con le figlie

Antonio Recchiuti con le figlie

Cerco di spiegarlo in modo accessibile anche alle mie bambine, sei anni e mezzo una, cinque l’altra; l’anno scorso le ho portate con me allo stabulario, hanno visto con i loro occhi qualcosa che era solo un discorso. Alla maestra la maggiore, Anna Sara, ha detto che “papà fa ammalare gli animali e poi li fa guarire, perché cerca una cura che vada bene per tutti”.
In questo periodo la piccola, Elena, mi ha chiesto: “Tu e Cosmo (collaboratore, nda) avete trovato la cura per il virus? Come la fate? Rosa? Con i glitter? Così piacerà a tutti”, perché è il loro modo di interpretare il lavoro della Ricerca, ma anche il contesto, rapportato al mondo che conoscono. Per la scienza è importante farsi capire dai propri interlocutori.

Quando e come è arrivato alla FC? E a FFC?

Ero dottorando, nel 2006. Mario Romano, il mio capo, aveva creato un team di lavoro insieme a un gruppo di Palermo, al Centro Clinico dell’ospedale. Vinsero un finanziamento da parte della Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica e da lì iniziammo a lavorare, e io a crescere professionalmente. Prima di allora, avevo solo studiato la fibrosi cistica sui libri. Dal 2007 al 2010 ho trascorso un periodo negli Stati Uniti, perché le opportunità sono di più e più gratificanti. Anche a Boston mi occupavo di infiammazione e di resolvine, che poi ho deciso di studiare anche nell’applicazione in fibrosi cistica. C’è anche una richiesta di brevetto in corso. A un certo punto però avevo davvero il desiderio di rientrare in Italia, e il mio biglietto di rientro dei cervelli è arrivato grazie alla Fondazione! Un giorno Romano mi chiama: “Ho una notizia buona e una cattiva, ma quella buona è che FFC ha finanziato il progetto quindi puoi tornare!”.

Antonio Recchiuti con il suo gruppo di lavoro

Che i finanziamenti per la ricerca negli USA siano superiori a quelli italiani, non è una novità. C’è tuttavia qualche differenza, anche di approccio, che rappresenta un valore aggiunto della Ricerca nel nostro Paese?

Assolutamente sì, per esempio lo spirito di adattamento in situazioni svantaggiate o non facili. Pochi giovani professionisti statunitensi o anche nordeuropei accetterebbero le condizioni lavorative dei ricercatori in Italia. Faccio un esempio che mi è capitato a Boston: ero allora post-doc (che è un livello professionale medio-alto), e la vasca d’acqua che usiamo per reagenti e altro doveva essere svuotata. Io cos’ho fatto? Ho preso e senza pensarci ho cambiato l’acqua. Un altro mio pari mi si è avvicinato per dirmi che era il tecnico a dover fare quel lavoro, e non io. Come se mi fossi “abbassato” troppo. Viceversa da noi non viene riconosciuto il merito. Si parla quest’anno di Coronavirus… fosse uscito un bando di ricerca dello Stato (tranne per la ricerca clinica)! Ad esempio non sappiamo mai quando E SE saranno pubblicati i bandi per il finanziamento i progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) del MIUR… Questo fa sì che noi ricercatori viviamo sempre nell’incertezza sul nostro futuro…
Per fortuna esiste la Fondazione (e realtà analoghe) che ogni anno lancia un bando di cui sai la data, e sai quando avrai risposte. In Italia mancano anche le opportunità per i ragazzi “non strutturati”, che non sono ancora all’interno del mondo accademico. Serve dare ai giovani la possibilità di sbagliare, perché crescano.

Fatiche e privilegi quotidiani della vita da ricercatore?

Positivi: la flessibilità di orari, croce e delizia di tanti professionisti; conoscere tante persone di realtà e Paesi diversi, anche attraverso FFC, che è simile a una grande famiglia con la tradizione dell’annuale ritrovo a Verona (ne sentiremo la mancanza quest’anno!). Il privilegio è fare un lavoro che amo, sono sempre stato curioso (smontavo anche i giocattoli da bambino), e la Ricerca mi permette di mantenere viva questa indole nei confronti del mondo. La fatica, soprattutto umana, è quella di rinunciare alla quotidianità della propria città natale (la mia è Roseto degli Abruzzi), perché con quasi due ore di viaggio al giorno, finisce che ci dormi solo.

Antonio Recchiuti con colleghi e amici in piazza per la Campagna Nazionale FFC

Quali sono le passioni di Antonio Recchiuti al di fuori del lavoro?

Sicuramente prima di tutto amo passare il tempo con la mia famiglia! Con mia moglie Federica andiamo spessissimo al mare, abbiamo la fortuna di averlo vicino. Ma ci piace anche la montagna. La nostra regione, l’Abruzzo, ci permette di godere di entrambi. Facendo il pendolare in treno, leggo molto (mica solo di scienza!) e mi piacciono le serie TV (per dirne una italiana, Montalbano, americana Law & Order – Special Victims Unit). Ascolto anche molto la radio, la mia preferita è Radio 24. Bellissimo quest’anno sentire lo spot del Ciclamino della Ricerca!

A proposito di Ciclamino… mai stato a un banchetto FFC?

Se ci sono stato?! Li abbiamo organizzati noi insieme all’associazione dei familiari e anche a tanti ragazzi con la fibrosi cistica con i quali siamo diventati amici! Se qualcuno vuole mettersi in contatto, ne siamo felici!

 

 

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