DIREZIONE SCIENTIFICA FFC RICERCA
30 dicembre 2025
Il 2025 ha regalato tante novità dalla ricerca, e tra queste ce ne sono cinque che vogliamo raccontarvi.
Piccoli dettagli, scoperte curiose e intuizioni che ci aiutano a capire meglio la fibrosi cistica (FC) e i meccanismi alla base della proteina CFTR, al centro della malattia. Questi risultati non solo arricchiscono la nostra conoscenza scientifica, ma offrono anche spunti concreti per immaginare nuove strategie terapeutiche e per migliorare l’efficacia dei trattamenti già disponibili. Dalla scoperta di molecole naturali che modulano la proteina CFTR, a tecniche innovative che permettono di osservare CFTR “in azione” dentro le cellule: ciascuna di queste notizie rappresenta un piccolo passo avanti verso cure più precise e personalizzate.
Di seguito raccontiamo cinque storie, evidenziando perché meritano attenzione e cosa significano per chi convive con la fibrosi cistica.
1. Una “vernice molecolare” per studiare come è fatta CFTR
Immaginiamo di dover studiare un macchinario molto complesso, che non solo ha una struttura articolata, ma cambia continuamente forma mentre è in funzione. Osservarlo da fermo non basta per capirne davvero il funzionamento. È una situazione simile a quella che i ricercatori affrontano studiando la proteina CFTR, il cui malfunzionamento è alla base della fibrosi cistica.
Per superare questo limite, questo studio ha usato una tecnica innovativa chiamata Covalent Protein Painting (CPP), che consente di “dipingere” la superficie della proteina mentre si trova ancora all’interno delle cellule vive. Una sostanza chimica si lega solo alle parti esposte della proteina, lasciando “non colorate” quelle che restano nascoste e permettendo ai ricercatori di ricostruire come CFTR si ripiega, cambia forma e si apre o si chiude per svolgere la sua funzione. In questo modo è possibile ottenere una mappa dinamica della proteina nel suo ambiente naturale.
Grazie a questo approccio, è stato identificato un meccanismo di apertura del canale CFTR finora sconosciuto e ha messo in evidenza una forma “immatura” della proteina che può comprometterne il corretto funzionamento, aiutando a spiegare l’effetto di alcune mutazioni più complesse. La tecnica CPP ha inoltre permesso di osservare più da vicino cosa accade in presenza di mutazioni come N1303K, che oggi rispondono solo parzialmente ai modulatori disponibili. In questi casi, la proteina CFTR tende ad assumere conformazioni instabili, che rendono più difficile l’interazione con i farmaci.
Comprendere questi meccanismi offre indicazioni preziose per sviluppare in futuro trattamenti più mirati, pensati per migliorare la stabilità della proteina anche nelle varianti oggi più difficili da trattare.
2. Dalla natura nuove strategie per potenziare CFTR
Questo studio ha riacceso l’attenzione su una molecola di origine vegetale, la kinetina, e su un suo analogo più potente, chiamato RECTAS, per il possibile ruolo nel migliorare il funzionamento del gene CFTR nella fibrosi cistica. In molte persone con FC, infatti, piccoli errori nel processo di “lettura” del DNA (difetti di splicing), possono portare alla produzione di una proteina CFTR incompleta o poco funzionale.
I ricercatori hanno osservato che kinetina e RECTAS aiutano la cellula a interpretare meglio le istruzioni genetiche, favorendo la produzione di una CFTR corretta. In cellule derivate da persone con FC, il RECTAS è riuscito addirittura a quadruplicare la quantità di proteina CFTR funzionante. La novità più rilevante è che questi composti non mirano a sostituire le terapie esistenti, ma a rafforzarne l’efficacia, rendendo più chiaro il messaggio genetico su cui agiscono i farmaci.
È un po’ come alzare il volume di una radio con un segnale debole: rendendo più chiari e numerosi i messaggi corretti, queste molecole potrebbero permettere ai trattamenti già disponibili di funzionare meglio.
Lo studio rappresenta così un ulteriore passo verso terapie più mirate e personalizzate, soprattutto per chi oggi ha opzioni terapeutiche limitate, e conferma il valore della ricerca nel trovare nuove soluzioni in FC, anche a partire da meccanismi presenti in natura.
3. Polmoni e infezioni in un nuovo equilibrio
I polmoni delle persone con fibrosi cistica possono essere paragonati a un filtro intasato, dove batteri ostinati come Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus rimangono intrappolati, causando infezioni ricorrenti che contribuiscono al peggioramento della funzione respiratoria e a complicazioni croniche.
Uno studio su oltre 8.000 persone in Europa (questo) ha analizzato perché, dopo la terapia con elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor (ETI, Kaftrio), alcune infezioni spariscono mentre altre restano. Si è visto che età più avanzata e polmoni già danneggiati (bassa FEV1) aumentano la probabilità che i batteri persistano. Ma anche chi resta cronicamente infetto mostra miglioramenti nella respirazione e nella qualità della vita, dimostrando che la terapia riesce comunque a “liberare il filtro”, riducendo l’impatto delle infezioni e migliorando la funzione polmonare complessiva.
4. L‘infiammazione come alleato inaspettato contro la fibrosi cistica
Una delle sfide più complesse in fibrosi cistica riguarda le persone con mutazioni stop, errori genetici che interrompono la produzione della proteina CFTR prima che sia completa. Queste varianti sono difficili da trattare, perché i farmaci modulatori di CFTR non funzionano su proteine incomplete o mancanti. Tra le strategie più promettenti per le mutazioni stop ci sono le molecole readthrough, che consentono alla cellula di “ignorare” il segnale di stop prematuro e completare la sintesi della proteina. I risultati sono stati finora limitati.
Questo studio propone una svolta: l’infiammazione, tipica dei polmoni colpiti dalla malattia, può aumentare l’efficacia dei readthrough. I ricercatori hanno testato tre molecole, tra cui ELX-02 e CC-90009, su cellule di persone con FC con mutazioni G542X e W1282X. In assenza di stimoli, i modulatori ripristinavano solo modestamente la funzione CFTR; aggiungendo molecole infiammatorie come le citochine IL-4 o IL-17A, l’efficacia è aumentata fino a 15 volte.
È come se l’infiammazione preparasse il terreno, rendendo le cellule più ricettive al meccanismo di readthrough che permette di ignorare il segnale di stop e produrre la proteina CFTR completa.
Questo risultato indica che le terapie future potrebbero essere più potenti proprio nei polmoni infiammati. E che l’efficacia dei farmaci non dipende solo dalle molecole usate, ma anche dal contesto in cui agiscono, aprendo nuove prospettive per una medicina sempre più personalizzata.
5. Il diabete in FC mette a rischio i polmoni oltre la glicemia
Il diabete correlato alla fibrosi cistica (CFRD) non è solo un problema di zuccheri nel sangue, ma influisce direttamente sui polmoni.
Uno studio mostra che nelle persone con CFRD il muco respiratorio è più infiammato e contiene proteine diverse, molte legate all’infiammazione. Il muco può essere visto come una sorta di fotografia dei polmoni: analizzare quali proteine contiene e in che quantità è un po’ come leggere l’elenco degli ingredienti di un prodotto per capire com’è fatto.
Si è visto anche che queste differenze non dipendono solo dalla gravità della malattia polmonare. Anche confrontando persone con una funzione respiratoria simile, chi ha il diabete mostra un ambiente polmonare più irritato.
Il CFRD, quindi, può contribuire attivamente al peggioramento dei polmoni, suggerendo la necessità di cure che considerino insieme metabolismo e salute respiratoria.