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14 Aprile 2020

Pandemia Covid-19. Mascherine protettive, Covid-19 e fibrosi cistica, Ricerca scientifica, Test sierologici

Autore: Cesare, Laura, Carlotta, Luca, Chiara
Domanda

Prima domanda
Il problema di un possibile accesso all’ospedale per un sintomo da interpretare è una evenienza possibile per le persone con FC. Le risposte sul sito nella rubrica delle domande e risposte, sembrano indicare la necessità di indossare maschere anti-virus tipo FFP2 o FFP3. Queste ultime sono quelle utilizzate dal personale sanitario in contatto con i pazienti con infezione da Covid-19, insieme a camice e visiera. Gli ospedali hanno previsto zone Covid-19, con percorsi ad hoc e zone non Covid-19. In queste ultime una persona FC potrebbe accedere con la solita mascherina chirurgica o no?
Cesare

Seconda domanda
Sono mamma di due bambini, uno di 2 anni e mezzo e una di 8 mesi, entrambi fortunatamente sani. Sono anche infermiera, anche se al momento ancora in congedo parentale. Da 16 anni ho nel mio cuore i pazienti con fibrosi cistica, poiché lavoro presso il reparto di pneumologia di un ospedale dove è ubicato il centro FC di riferimento per adulti. Sono stata inoltre personalmente coinvolta per questioni familiari. Chiedo fin da subito scusa per questa domanda ma non trovo disponibilità da parte di nessuno nel darmi risposta. Faccio la domanda in previsione di un allentamento delle restrizioni sociali nei prossimi mesi. Vorrei sapere se le industrie sanitarie stanno prevedendo anche alla produzione di mascherine chirurgiche a uso pediatrico. Credo che anche i bambini vadano protetti nel migliore dei modi, per garantire loro una certa soglia di sicurezza, ma penso anche che proteggendo i più piccoli si possano anche di conseguenza proteggere i nostri carissimi e preziosissimi nonni. Si ritornerà al lavoro prima o poi, e i bambini saranno accuditi dai nonni. Il punto è che tali mascherine non ci sono e credo, sperando di sbagliarmi, che la produzione sia minima. Personalmente lo ritengo un problema. Ho già peraltro mandato una mail alla Federazione pediatri italiani. Mi scuso per il tempo rubatovi, ho pensato di chiedere alla Fondazione questo chiarimento essendo sicuramente voi molto più sensibili alla questione. Ringrazio in anticipo per una vostra eventuale risposta.
Laura

Terza domanda
Salve, volevo chiedere se si potessero avere informazioni sul decorso dei due casi affetti da fibrosi cistica (adulto e neonato) che hanno contratto il Covid-19 e se si conoscono altri casi di pazienti FC in Italia che sono stati contagiati dal virus. Grazie in anticipo.
Carlotta

Quarta domanda
Buongiorno. Mi riallaccio all’interessantissimo ed esaustivo articolo del 24 marzo “Esplosione di ricerca scientifica su Covid-19: Italia in prima linea”, che in qualche modo traduce in forma strutturata un mio pensiero di questi giorni in occasione dell’esplosione della pandemia da Covid-19. Questa è una crisi sanitaria, e non solo, gravissima, come sappiamo, che sta sacrificando migliaia di vite in tutto il mondo. Ma è anche noto che dalle crisi possono nascere anche nuove conoscenze e opportunità. Da qui la mia domanda, o meglio, il mio auspicio che vorrei condividere con la Comunità FFC: come trattato nell’articolo succitato, gli sforzi di ricerca su Covid-19 potrebbero portare “effetti di spill-over” positivi, tra gli altri, riguardo alle terapie in atto per FC per quanto riguarda ad esempio le infiammazioni polmonari.
Poiché questo virus ha una elevatissima selettività verso le cellule dei polmoni, potrebbe in futuro essere utilizzato, con opportune derivazioni, come efficace vettore nella terapia genica per mirare e “riparare” il gene CFTR? Grazie e Auguri di Buona Pasqua.
Luca

Quinta domanda
A proposito di Coronavirus, si sta parlando del progetto dei test sierologici che verranno fatti sulla popolazione e in particolare su alcune categorie, in primis i sanitari. Volevo sapere quali sono le altre categorie e se le persone che hanno una patologia cronica come la fibrosi cistica rientrano nelle categorie che verranno sottoposte al test sierologico. Inoltre volevo sapere se ci sono delle nuove informazioni riguardo agli studi sul tema della risposta infiammatoria di un paziente fc rispetto al Covid-19. E come stanno rispondendo i pazienti FC colpiti dal virus? Grazie.
Chiara

Risposta

Risposta alla prima domanda
Su questo sito, qualche tempo fa, cercammo di illustrare le caratteristiche delle diverse mascherine per la protezione individuale. Questo delle mascherine è diventato un tema dominante e, con informazioni spesso discordanti, con problemi di produzione e di costi, con scandali commerciali e quanto altro.
Tentiamo di riassumere quanto sta emergendo da indicazioni di esperti, anche in mancanza di affidabili sperimentazioni scientifiche. Le mascherine usate in questo momento sono di tre tipi:
1. Mascherine chirurgiche. Sono quelle usate dai chirurghi sul tavolo operatorio e servono a proteggere l’operando da possibili trasmissioni di patogeni da parte del chirurgo, limitando il passaggio al paziente di goccioline di saliva potenzialmente vettori di patogeni. Nei comportamenti di sicurezza di questi giorni tali mascherine, impiegate negli ambienti in cui ci sono altre persone, hanno il significato prevalente di contenere la possibile trasmissione ad altri di Coronavirus di cui potremmo essere inconsapevoli portatori. Devono essere quelle certificate dalle competenti autorità. Hanno meno significato come protezione dal virus che altri potrebbero trasmetterci (oltretutto hanno il limite della non aderenza alla cute facciale). E comunque il forte distanziamento tra le persone è il comportamento più efficace, con o senza mascherina. Questo vale anche per le persone con FC, anche quando dovessero accedere all’ospedale attraverso percorsi e zone non Covid-19, come indica la domanda.
2. Mascherine tipo FFP2 e FFP3. Sono maschere con elevato potere filtrante in doppia direzione anche per i virus, sono aderenti alla cute e possono disporre di una valvola per l’espirazione. Sono difficili da sopportare a lungo e sono raccomandate per gli operatori sanitari che possono entrare in contatto più o meno ravvicinato con soggetti contagiati da Covid-19.
3. Mascherine “fai da te” o di produzione artigianale improvvisata, quasi sempre non certificate. Diciamo che sono una barriera “meglio che niente” e comunque danno minor sicurezza rispetto alle mascherine chirurgiche certificate.

Risposta alla seconda domanda
Non ci risulta che vi siano sul mercato mascherine per bambini piccoli: abbiamo cercato conferme su questo. Tuttavia la domanda pone la questione se sia indicata ed efficace la protezione individuale dei bambini piccoli mediante mascherine. A parte l’improbabile praticabilità (si immagini per quanto tempo un bambino potrà tollerare questo, per lui, supplizio della mascherina), c’è da chiedersi a cosa servirebbe, visti i limiti in generali delle mascherine di cui abbiamo scritto nella precedente risposta. C’è caso mai da chiedersi se debba usare eventualmente la mascherina, almeno nei contatti più ravvicinati in casa con bambini e nonni, la mamma infermiera quando dovesse ritornare al lavoro in ospedale. Questo può avere delle implicazioni rilevanti nel rapporto dei bimbi con la loro mamma: qui non ci sono regole da manuale ma occorrerà trovare un equilibrio tra regole di igiene e istanze imprescindibili di affettività e accudimento. Andrebbe anche ricordato che, per quanto oggi si sa, i bambini risultano meno suscettibili degli adulti rispetto al contagio e questo, quando avviene, in genere non provoca in loro malattia importante. Quindi, un problema esiste (non sappiamo quanto rilevante peraltro) ma, sentiti anche alcuni autorevoli pediatri, non si può risolvere con le mascherine.

Risposta alla terza domanda
Purtroppo non siamo in grado di dare informazioni sui due casi di cui parla la domanda. È partita una iniziativa da parte della Società Italiana FC (SIFC) che cerca di capire per grandi linee la situazione delle persone con FC in Italia attraverso una inchiesta presso i Centri: ne daremo notizia appena sapremo qualcosa. Tuttavia, da contatti con i medici di alcuni centri italiani FC e da qualche notizia raccolta fuori confine, ci siamo fatti l’idea che Covid-19 non coinvolga in maniera significativa la popolazione FC, sia come contagiosità che come gravità. È partita anche una indagine europea per iniziativa dell’associazione CF Europe in collaborazione con la Società Europea FC (ECFS). Inoltre, è di 2 giorni orsono un breve videomessaggio del presidente della CF Foundation americana (CFF), Mike Boyle, in cui si parla di 40 pazienti con FC in giro per il mondo che hanno contratto il virus, 8 dei quali residenti negli Stati Uniti: quasi tutti sarebbero a casa loro e in buone condizioni, solo due sarebbero ricoverati con una FEV1 intorno a 20% e uno deceduto.

Risposta alla quarta domanda
Certamente la pressione di eventi come quello che stiamo vivendo alimenta la creatività scientifica e può essere occasione di importanti scoperte. Forse gli sviluppi più a portata di mano sono quelli relativi a contenere la risposta infiammatoria, responsabile della grave polmonite interstiziale che colpisce alcuni soggetti contagiati dal virus. Ricordiamo che si stanno valutando con adeguati trial clinici il tucilizumab, che è un anticorpo monoclonale capace di neutralizzare un importante mediatore dell’infiammazione, l’interleukina-6 (IL-6), impiegato già con successo nell’artrite reumatoide. Un altro importante farmaco, che agisce contro un’altra interleukina, è l’anakinra, pure impiegato nell’artrite reumatoide, viene sperimentato in soggetti con polmonite da Covid-19. Merita ricordare che questo farmaco ha dato risultati interessanti come antinfiammatorio su cellule FC tramite progetti FFC (1, 2) e ora è in corso di sperimentazione clinica non soltanto su soggetti Covid-19 ma anche in pazienti FC senza infezione Covid-19.
Infine, l’idea di usare il Coronavirus modificato con ingegneria genetica (cioè privato della sua capacità aggressiva) come vettore di varie forme di terapia genica non è tanto aleatoria, trattandosi di un virus con spiccato tropismo (tendenza specifica a invadere certe cellule) per le cellule respiratorie. Già si sono utilizzati altri virus a tale scopo, anche nei tentativi di terapia genica FC: ad esempio l’Adenovirus, il virus adeno-associato, i Lentivirus.

1) Progetto FFC#22/2014 – Antagonisti della risposta infiammatoria mediate da linfociti Th17 nella fibrosi cistica: valutazione preclinica dell’efficacia di Anakinra
2) Progetto FFC#9/2016 – Anakinra, un farmaco promettente nella fibrosi cistica: da antinfiammatorio a correttore di CFTR

Risposta alla quinta domanda
I cosiddetti test sierologici di cui parla la domanda consistono nella determinazione su siero delle persone della presenza di anticorpi contro proteine del virus. Questi anticorpi si formano dopo 2-3 settimane dal contagio: la loro presenza testimonia che quella persona ha contratto il virus e ne è diventato immune. Quegli anticorpi sono delle proteine con funzione immunitaria. Essi sono di due tipi: le immunoglobuline M (IgM) sono quelle che compaiono per prime, sono presenti in corso di infezione e si esauriscono pressappoco con l’esaurimento dell’infezione; le immunoglobuline G (IgG) sono quelle che rimangono a lungo (sono anticorpi neutralizzanti il virus) e la loro presenza indica una condizione di immunità, che può durare più o meno a lungo. Questi stessi anticorpi sono quelli che ci si attende vengano prodotti a seguito della somministrazione di eventuale vaccino. Va detto tuttavia che questi test sierologici non servono per una immediata identificazione del virus (per questa serve solo la diretta evidenziazione del virus sul tampone di materiale prelevato da gola e naso), ma servono per indagini epidemiologiche, al fine di capire quanto estesa è stata l’infezione in un determinato territorio e per intraprendere eventualmente iniziative di politica sanitaria, in relazione anche per la ripresa di attività lavorative e sociali. Ancora non sono pronti i test validi per un impiego esteso, ma non tarderanno a venire. Quali i criteri per testare la popolazione non ci è dato ancora di sapere.

G. M.


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