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Emma

Chiunque con una donazione può salvare delle vite.

Noi, senza respiro da sempre. Fa’ che non sia per sempre.

 

“L’ultimo libro che ho letto è stato “Impossibile” di Erri De Luca. Lo so, non è un libro per ragazzi della mia età, ma mi ha colpito tantissimo. Credo che a breve ne leggerò altri dello stesso autore”. Emma ha 11 anni, ma per sensibilità e maturità ne dimostra molti di più. Vive a Pesaro ed è malata di fibrosi cistica, la più frequente delle malattie genetiche gravi con cui un bambino possa nascere e che considera come una sorella gemella: “è nata con me e io con lei e probabilmente trascorreremo il resto della vita insieme. Negli anni sto imparando a conoscerla, vive dentro di me”. Ogni giorno assume circa 20 farmaci e si sottopone ad aerosolterapia e a fisioterapia respiratoria, un bagaglio di cure e trattamenti che viaggiano con lei da sempre. Mamma Margherita (Margherita Lambertini, ndr) è medico del pronto soccorso dell’Ospedale San Salvatore di Pesaro, in prima linea nell’emergenza Covid-19, tra i volti resilienti della Campagna internazionale Courage is beautiful di un noto brand.

Tra loro è in atto una staffetta solidale, da mamma a figlia. Dopo la storia di Margherita, protagonista della Campagna raccolta fondi FFC appena conclusa “Fibrosi cistica: urgenza nell’emergenza”, ora è Emma a raccontarsi, testimonial della Campagna 5×1000 FFC “Noi senza respiro da sempre”, che sarà attiva fino a settembre. Entrambe sono state ritratte dal fotografo pesarese Alberto Giuliani*, autore delle immagini delle due Campagne charity, che si è messo a disposizione della Fondazione FFC a titolo solidale.

Il suo sogno più grande: una terapia personalizzata per i malati con mutazioni ancora senza cura.

Alla domanda quale sia la sua più grande paura, Emma ha risposto: morire di fibrosi cistica. “Significherebbe aver perso la mia battaglia e non veder realizzato il mio sogno più grande, ovvero che la ricerca trovi una cura per tutti e per tutte le mutazioni in fibrosi cistica. Così ognuno di noi avrebbe la propria terapia”. La fibrosi cistica è una malattia multiorgano degenerativa, ancora orfana di una cura. Altera le secrezioni di molti organi e colpisce prevalentemente i polmoni e l’apparato digerente. È presente dalla nascita, poiché a trasmetterla sono due genitori entrambi portatori sani – in Italia una persona ogni 25 lo è – che ad ogni gravidanza hanno una probabilità su 4 di dare alla luce un figlio o una figlia malati. I genitori trasmettono entrambi una mutazione del gene CFTR e in tutto sono oltre 2.000 quelle conosciute.

Emma non è tra i malati con mutazione DF508, la più diffusa e per la quale, recentemente, è stata scoperta e approvata una terapia farmacologica a tripla combinazione (Trikafta), già in commercio negli USA e in attesa di approvazione in Europa. La ricerca scientifica rappresenta quindi la più grande speranza per chi come lei ha mutazioni rare e poco conosciute, per le quali sono oggi allo studio terapie personalizzate. A quanti devono in questi mesi scegliere a chi destinare la quota del 5×1000, Emma ricorda: “A chi crede che solo chi è medico o infermiere o chirurgo possa salvare delle vite, voglio dire che non è così. Chiunque con una donazione alla ricerca può contribuire a farlo.”

Il lockdown e mamma Margherita

Emma ha vissuto il lockdown in isolamento nella sua casa senza mai uscire se non per un breve ricovero di una notte. Mamma Margherita è stata per mesi il suo filtro con la realtà esterna, attraverso i racconti e le storie dell’ospedale. “Ho apprezzato e appoggiato da sempre la sua scelta. È rimasta in ospedale, ha dato una mano a tutti per quanto le è stato possibile, è stata presente per gli altri e per me. Non ci siamo toccate per mesi, siamo state distanti. Quando ci vedevamo tra noi c’era sempre una mascherina. Non è stato semplice per tutto l’affetto che proviamo l’una per l’altra, ma lei è riuscita comunque a trasmettermelo, ad esserci. È la mamma migliore del mondo”.

Come molti adolescenti, Emma ha trascorso questo periodo di sospensione studiando, guardando serie televisive, leggendo libri e ascoltando musica, tra una videochiamata e l’altra con Viola, l’amica del cuore, e i compagni di scuola. Nello stravolgimento della quotidianità causato dal virus, non sono però mai mancati i trattamenti e le terapie che fanno parte della routine di chi soffre di fibrosi cistica. A quelli non si può rinunciare.

L’incontro con un batterio molto pericoloso

Lo scorso anno Emma scopre per la prima volta l’aggressività della malattia: contrae il batterio Pseudomonas Aeruginosa, che colpisce le vie respiratorie provocando un’infezione molto comune tra i malati di fibrosi cistica. “Inizialmente pensavo a una forte tosse, poi ad aprile sono partita con la mia famiglia per un viaggio a Londra ma la tosse era ancora fortissima. Il giorno dopo il nostro arrivo siamo dovuti rientrare in Italia e siamo corsi a Verona, al Centro Fibrosi Cistica, dove mi sono sottoposta a un test per lo Pseudomonas che ha dato esito negativo. Nei mesi successivi ho continuato a stare male e in estate mi sono sottoposta a un nuovo tampone che ha dato esito positivo e sono stata ricoverata per un paio di settimane, che però non sono servite. Avevo ancora grandi difficoltà respiratorie, fino a novembre quando mi hanno fatto una broncoscopia e sono stata meglio.” Ma ci tiene a sottolineare che oltre alle ombre esistono anche le luci e che, “se non fossi nata con questa malattia, non avrei conosciuto tante persone meravigliose che nel tempo sono diventate amiche e amici”.

Le vite degli altri: i malati di fibrosi cistica

La fibrosi cistica ha molti punti in comune con il Coronavirus, dalla terapia respiratoria NIV per i malati, alla routine che in piccola parte è diventata simile a quella dei malati FC, con l’obbligo della mascherina, il distanziamento sociale, tossire o starnutire nei luoghi pubblici e sentirsi osservati in quanto possibili veicoli di contagio. Forse in questo momento le persone possono capire cosa si prova sotto la mascherina. Ci si sente al di fuori, dentro una bolla, soli tra tanti e oggetto di sguardo. Mi è capitato che le persone vedendomi passare, si spostassero e in quei momenti ho provato tristezza. Pensano che siamo contagiosi quando invece la nostra è una malattia genetica, ma loro non lo sanno. Ci si sente diversi”.

Niente è impossibile

Sono due i luoghi del cuore di Emma, Napoli e Londra. “La prima cosa che ho voglia di fare, ora che le restrizioni si sono allentate, è rivedere i miei amici, in particolare Viola. E poi non vedo l’ora di tornare a Napoli, dai miei zii. Di Napoli mi piace tutto e ho voglia di scoprire parti della città che ancora non conosco. Purtroppo non potrò assaggiare la pizza fritta che non mi è consentito mangiare. I fritti sono una grande rinuncia che la malattia mi impone”. “Londra mi affascina, anche se non l’ho mai visitata. O meglio, ci ho provato, e forse è per questo che mi è rimasta la voglia di immergermi nelle sue atmosfere.” Parlando del futuro e di cosa vorrebbe fare da grande, confessa: “È proprio lì, a Londra che vorrei vivere e un giorno fare l’attrice per il cinema. È questa la vita che vorrei. Del resto, come scrive Erri De Luca, “impossibile” è la definizione di un avvenimento fino al momento prima che succeda. Sta a noi fare in modo che accada e tutti ci si è resi conto che la ricerca può davvero salvare le vite.

 

Noi, senza respiro da sempre. Fa’ che non sia per sempre.

Il tuo 5×1000 a FFC

 

*Alberto Giuliani è il fotografo pesarese autore di tutte le fotografie di questa pagina ed è autore del reportage ripreso da numerose testate internazionali, dedicato al personale ospedaliero della sua città. Ha confessato di essere rimasto molto colpito dalla storia di Margherita e della figlia Emma. Lui stesso ha un’amica malata di fibrosi cistica. Alberto si è messo a disposizione di Fondazione FFC in maniera solidale per collaborare alla campagna 5×1000.

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