Luana e Giuseppe, imprenditori e genitori

Intervista a Luana e Giuseppe, imprenditori e genitori di una ragazza con FC
Luana e Giuseppe, imprenditori e genitori
Luana e Giuseppe

Luana e Giuseppe, imprenditori, volontari, fundraiser e genitori di una giovane donna affetta da FC, qual è la vostra soluzione per raccordare le strategie d’azienda e la responsabilità sociale d’impresa?

Luana: La strategia aziendale e i rapporti professionali ti permettono di coinvolgere tanti imprenditori e fare sensibilizzazione, e a cascata puoi raggiungere tanti collaboratori, come una campana che scende su tutti. L’imprenditore sensibile ti sostiene in prima persona, in più può contribuire a divulgare la comunicazione. Da parte nostra mescoliamo un po’ il rapporto di lavoro con la sensibilizzazione. Tuttavia è importante agire con delicatezza, senza far sentire le persone in obbligo, avendo rispetto delle cause di ciascuno. Capita che ci siano persone che non hanno una causa più vicina di un’altra e che quindi adottino la tua. Sono partner che sanno ascoltare.

Giuseppe: Condivido, si coinvolgono gli imprenditori vicini. Sono sereno nel proporlo perché non mi è mai capitato di sentirmi dire “no, questa Fondazione non mi sembra seria”, tendenzialmente le persone si legano a una causa perché conoscono qualcuno che è toccato da vicino. Nel nostro caso è Gaya, o noi, dunque sanno che ci siamo con tutte e due le scarpe, a garanzia della serietà e dell’impegno. La visibilità dell’impresa è un sostegno importante. Questo non toglie che sia una sfida quella di raggiungere nuove persone e far conoscere la malattia. In questo il progetto “1 su 30 e non lo sai” è certamente molto utile (la Fase IV è adottabile).

Qual è la maggiore sfida di una campagna per il 5×1000?

Luana: La sfida è riuscire ad arrivare e farsi ascoltare dalle persone. Il lavoro che fa la Fondazione è importante, le preferenze sono aumentate. La differenza la fa anche il tempismo: le persone che ti hanno sostenuto o anche solo ascoltato durante un evento, come può essere Together for Life, è opportuno che vengano sollecitate nel periodo della dichiarazione dei redditi, per ricordare che c’è anche questa opportunità, magari con una lettera dalla Fondazione. (Vuoi copiare questa idea? Scrivici!).
Rispetto al personale dipendente, la sfida è far capire che è un suggerimento serio, pensato. Noi siamo accanto a Fondazione perché si tratta di nostra figlia, siamo i primi a vigilare sulla serietà delle iniziative.

Avete esperienza di persone a voi vicine che non conoscono (o non conoscevano) bene l’opportunità del 5×1000? Quali sono i dubbi più ricorrenti da chiarire?

Giuseppe: La nostra è una zona di lavoratori, succede meno, secondo noi, che si faccia confusione tra 5 e 8×1000; il rischio però è che al momento della dichiarazione le persone si dimentichino che possono destinare alla Fondazione, perché magari ci sono vicine in altri periodi dell’anno e quando vanno dal commercialista pensano a tutt’altro. 

A seconda delle vostre diverse “vesti” (mamma e papà, volontari, imprenditori) perché secondo voi è una campagna importante?

Giuseppe: È importante anzitutto perché permette di portare conoscenza, sono informazioni fondamentali per chi ha figli, nipoti eccetera, ai quali potrebbe capitare di far parte dei portatori sani; devono conoscere questa malattia “invisibile”. Sul 5×1000 è fondamentale fare comunicazione, veicolare sui social e altri media come state facendo, “personalizzare” la campagna con i ragazzi FC.

Luana: E fare rete, sempre di più: se conoscessimo tutte le famiglie coinvolte, ognuno nel proprio territorio, e ognuno riuscisse a portare una preferenza in più, una cartolina del 5×1000 in più, l’eco sarebbe molto più forte. Noi conosciamo poche famiglie FC vicine a noi, un po’ intercettate al centro o tramite Fondazione. Anche perché la FC oltretutto impedisce ai ragazzi di frequentarsi e stare insieme.

Giuseppe: Pensa che ci sono ancora molti che faticano a credere che una persona come Gaya sia malata. Lei è molto discreta, se sei a tavola non ti accorgi nemmeno che prende gli enzimi, ma deve fare questo e molto altro per curarsi. Eppure Gaya da quando ha iniziato ad assumere Kaftrio per due anni non ha mai preso antibiotici, questo è l’impatto che la ricerca può avere sulla vita di tanti giovani.
Il professor Mastella diceva che la ricerca avrebbe potuto arrivare a prendere la malattia e “congelarla”, renderla cronica, renderla una malattia che non faccia paura.
Se poi arriveremo a “cancellarla” a livello di DNA, saremo arrivati a un gradino ancora più alto, per cui però servono risorse molto importanti, un impegno anche delle case farmaceutiche e tanta, tanta ricerca.

Se aveste la bacchetta magica, in qualità di imprenditori, qual è la forma di raccolta fondi che vorreste?

Luana: Il mio sogno, ma ci vorrebbe una normativa apposita dall’alto, sarebbe destinare un piccolo importo di ciascuna fattura d’impresa a una organizzazione no profit, che per noi sarebbe ovviamente la Fondazione. Un flusso automatizzato dallo SDI di questo tipo potrebbe addirittura scalzare il 5×1000, ma per ora la Campagna 5×1000 a FFC Ricerca rimane cruciale!

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