La realtà della fibrosi cistica (FC) è cambiata nel tempo e parlare oggi della legge 548/23 Dicembre 1993 rappresenta un’occasione per ripercorrere la storia di una malattia che ha fatto da battistrada per molte altre condizioni croniche e rare.
La legge 548 si proponeva di consolidare un cammino, che tra gli anni Ottanta e Novanta aveva cercato di interrompere la migrazione di persone con la malattia verso alcuni Centri specialistici, ormai consolidati, come quelli di Genova, Milano, Verona e Roma. Fu presto chiaro a queste strutture che occorreva formare alcuni medici nelle regioni di provenienza delle centinaia di persone con FC, per prendersi carico delle loro necessità assistenziali vicino alla residenza. Così quei pochi Centri si organizzarono per formare medici, infermieri e fisioterapisti delle altre regioni.
Ricordo la prima settimana formativa dei “Quindici” a Verona, nel 1985, seguita da appuntamenti annuali decentrati che avevano l’obiettivo di definire insieme uno “stile” assistenziale di presa in carico con continuità delle persone con FC e dei loro familiari. Una parte centrale di questo stile è stato lo sviluppo del team multidisciplinare: la molteplicità e la complessità dei bisogni richiedevano infatti di integrare diverse professionalità, da quella medica a quella infermieristica, fisioterapica e psicologica. Questa peculiarità assistenziale diventò patrimonio condiviso di molti Centri specialistici che si andavano sviluppando in Europa, negli Stati Uniti e in Canada e che solo nel 2005 si consolidò negli standard di cura per la FC (questi).
Fu subito chiaro a questi primi nuclei di operatori, che andavano formandosi negli ospedali e nelle università di alcune regioni italiane, che l’alleanza con i familiari e le loro associazioni diventava imprescindibile per difendere e poi rafforzare queste realtà. Erano anche gli anni dello sviluppo e della crescita del Sistema Sanitario Nazionale e del suo spirito solidaristico e di equità dopo la sua istituzione nel 1978 con la Legge 833.
La terapia era complessa: accanto ai farmaci per via orale, era necessaria l’inalazione di diversi farmaci e soluzioni a funzione mucolitica, tramite diversi strumenti per la produzione di aerosol. La terapia antibiotica era essenziale, somministrata per via orale ma anche per via endovenosa, sia in ambito ospedaliero sia a domicilio. Molta attenzione era rivolta allo stato nutrizionale, con l’uso di diversi supplementi calorici. Nell’ambito terapeutico si registrava la maggiore disomogeneità nell’erogazione dei trattamenti, variabile da regione a regione, da provincia a provincia, al punto che spesso le famiglie erano costrette ad acquistare autonomamente i farmaci e la strumentazione necessaria.
Sulla spinta di molti e grazie a una realtà politica ricettiva e propositiva, la legge 548 fu promulgata il 23 Dicembre 1993. A essa seguì il 15 Aprile 1994 la circolare attuativa del Ministero della salute (Prot. 500.4/D M. 1 – 407). L’aspetto centrale fu il riconoscimento della fibrosi cistica come “malattia di alto interesse sociale” per “la sua incidenza, per la sua gravità, per la complessità di manifestazioni cliniche e di bisogni di cure, per gli elevati costi assistenziali ed i complessi bisogni organizzativi, ed infine per la necessità d’investimenti di ricerca scientifica qualificata”.
Ne conseguirono i seguenti principali provvedimenti:
1) l’istituzione di centri specialistici regionali, dotati di “strutture, personale e attrezzature adeguati alla consistenza numerica dei pazienti assistiti e della popolazione residente”;
2) tramite le “unità sanitarie locali, le regioni provvedono a fornire gratuitamente il materiale medico, tecnico e farmaceutico necessario… ”;
3) le “cure a domicilio sono assicurate in regime di ospedalizzazione domiciliare continuativa”;
4) “per il raggiungimento delle finalità di cui alla presente legge, i centri […] e le unità sanitarie locali si avvalgono della collaborazione e del sostegno delle associazioni di volontariato nelle forme e nei limiti previsti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266”;
5) “le regioni predispongono specifici stanziamenti per promuovere e sostenere le attività di ricerca rivolte alla prevenzione e alla cura della fibrosi cistica […]. I finanziamenti sono ripartiti in base alla consistenza numerica dei pazienti assistiti nelle singole regioni, alla popolazione residente, nonché alle documentate funzioni dei centri ivi istituiti…”.
Successivamente alla promulgazione, le tre principali realtà associative, la Società Italiana per la cura della fibrosi cistica (SIFC), la Lega Italiana Fibrosi Cistica (LIFC), la Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica (FFC Ricerca), più volte sono intervenute per consentire una piena attuazione della legge 548, specie quando essa era applicata parzialmente o non adeguatamente in alcune regioni. La disomogeneità di adeguamento alla legge 548 si è andata approfondendo nel tempo con l’aziendalizzazione (Legge 502/1992) e la regionalizzazione sanitarie (Legge costituzionale n. 3/2001 – riforma del titolo V – e la legge 86 del 2024) e così per la maggior parte delle regioni sono venuti a mancare i finanziamenti per l’assistenza e la ricerca, stanziati dalla legge 548. Anche il ricambio di personale dei Centri e la formazione sono oggi deficitari.
Gli avanzamenti della ricerca hanno portato e porteranno a farmaci innovativi, incisivi sulla mediana di sopravvivenza e sulla qualità di vita delle persone con FC, ma molto costosi per il Sistema Sanitario Nazionale. La cronicità della malattia e la possibile emergenza di nuove comorbidità in rapporto anche all’invecchiamento richiederanno peraltro strutture specialistiche, sempre attive, oltre che nell’assistenza anche nella ricerca, compresa quella atta a dimostrare il bilanciamento tra costi dei farmaci innovativi e costo dell’assistenza e l’efficienza di nuove modalità organizzative assistenziali. La legge 548 resta perciò sempre attuale e da difendere nelle sue finalità.