Organoidi: modelli di malattia e supporto a terapie del difetto di base in FC

Organoidi: modelli di malattia e supporto a terapie del difetto di base in FC
Gli organoidi aiuteranno a comprendere il difetto di base FC e a individuare farmaci correttori/potenziatori efficaci in pazienti con specifiche mutazioni CFTR. Informazioni da un convegno europeo.

Gli organoidi aiuteranno a comprendere il difetto di base FC e a individuare farmaci correttori/potenziatori efficaci in pazienti con specifiche mutazioni CFTR. Informazioni da un convegno europeo.

Da cellule staminali, opportunamente differenziate in laboratorio, si possono ottenere strutture cave sferoidali con caratteristiche simili agli organi di origine. Il loro rigonfiamento rivela l’attivazione del canale difettoso in FC. La fondazione tedesca Mukoviszdose ha organizzato recentemente il suo 17° convegno scientifico alla fine di settembre a Magonza, intitolato “Organoidi, modelli per la comprensione della FC e il suo trattamento”.

Si stanno sviluppando nel mondo organoidi da diversi tessuti (bronchi, epitelio nasale, vie biliari, sangue, biopsie rettali) per riprodurre in laboratorio strutture in cui il difetto di base della fibrosi cistica, costituito dalla proteina CFTR mutata, si manifesta e può essere corretto da farmaci. È stato descritto dalla presidente della European CF Society dr.ssa Kris De Boeck un progetto recentemente finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito Horizon 2020, che prevede lo sviluppo e l’utilizzo di organoidi intestinali di pazienti con mutazioni rare del gene difettoso in FC (CFTR), per individuare molecole efficaci nei singoli casi per correggere tale difetto. È stata descritta infatti una correlazione tra la correzione del difetto proteico, il rigonfiamento degli organoidi e il miglioramento della funzione polmonare. Si può parlare quindi di una capacità dell’organoide di predire l’efficacia clinica e in base a ciò saranno condotte sperimentazioni cliniche particolarmente adatte al trattamento dei singoli casi. Infatti il disegno di queste sperimentazioni prevede che non siano coinvolti gruppi numerosi di pazienti con le stesse caratteristiche, in particolare genetiche, ma piuttosto numerosi pazienti ciascuno con una mutazione rara, per la quale non è ancora dimostrata l’efficacia dei correttori/potenziatori attualmente disponibili.

Sono in corso anche studi per valutare negli organoidi quali siano i livelli plasmatici efficaci in caso di farmaci attivi su CFTR: il rigonfiamento, in presenza di plasma di pazienti che stanno assumendo tale terapia, rivelerebbe il raggiungimento dell’obiettivo farmacologico sul meccanismo d’azione di CFTR. I risultati ottenuti in organoidi sviluppati a Verona (progetto FFC 7/2016) sono complessivamente in linea con quanto inizialmente descritto dal gruppo di ricerca del dr. Jeffrey Beekman (Utrecht Medical Centre, NL), che ha sviluppato organoidi intestinali da biopsie rettali (prelevate con modalità minimamente invasiva) da più di 500 pazienti e prevede di proporre il coinvolgimento a tutti i pazienti FC olandesi.

Sono state inserite nel programma del convegno presentazioni relative alla possibilità di saggiare anche su altri modelli sperimentali (non organoidi) il difetto di funzionamento della proteina CFTR. In tale ambito sono state descritti dal dr. Sorio, che coordina il Laboratorio di ricerca traslazionale sulla fibrosi cistica “Daniele Lissandrini” presso l’Università di Verona, i risultati di uno studio condotto in collaborazione con ricercatori di Genova coordinati dalla dr.ssa Monica Averna. Il modello utilizzato è costituito da cellule del sangue (monociti) di pazienti affetti da fibrosi cistica a Verona e Genova, alcuni dei quali in terapia con ivacaftor (Kalydeco) (progetto FFC 29/2015). È stato possibile dimostrare su monociti il funzionamento di CFTR indotto dal farmaco. Oltre che l’effetto di ivacaftor, sempre su monociti, la dr. Melotti ha comunicato la possibilità di misurare l’effetto di ataluren, farmaco per il trattamento di mutazioni stop (progetto FFC 5/2016). Questo risultato è interessante anche perché nel paziente in questione l’effetto nell’organoide correlava con l’attività di CFTR misurata su altro modello di malattia costituito da cellule dell’epitelio nasale FC, e con il miglioramento della funzione polmonare.

Tornando agli organoidi intestinali, il convegno ha confermato che essi rappresentano il modello su cui la ricerca sta investendo molto, con l’obiettivo di passare a un loro uso applicativo in tempi brevi: ci si attende che essi possano supportare l’approccio alla medicina personalizzata, cioè “fatta su misura” del singolo paziente, in un’era in cui anche le cure diventano sempre più individualizzate, mirate alle specifiche mutazioni genetiche dei pazienti. Le manifestazioni cliniche della malattia sono estremamente variabili nei diversi pazienti. Quindi un modello per affrontare tutti questi aspetti è di estremo interesse.

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