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16 Giugno 2008

Il decorso della malattia epatica negli adulti con FC e gli effetti del trattamento con acido ursodesossicolico

G. Borgo

Quest ricerca (1) descrive un gruppo particolare di adulti FC seguiti presso un centro FC di Melbourne (Australia) che assiste solo adulti (a partire dai 18 anni d’età). E’ un gruppo selezionato in base alla presenza di una particolare complicanza della malattia FC: l’epatopatia, definita in base a precisi criteri (ingrandimento del fegato confermato dall’ecografia, innalzamento consistente e protratto degli enzimi epatici nel sangue, particolari anormalità all’ecografia come presenza di noduli epatici, di margini epatici irregolari, di splenomegalia). Non è un gruppo numeroso, ma i dati che fornisce sono interessanti. In primo luogo la prevalenza del problema: 27 casi su di un totale di 278 pazienti, corrispondenti al 9.7%; più maschi che femmine (17 rispetto a 10); solo una decina diagnosticati affetti da epatopatia in età pediatrica, gli altri dopo che sono passati al Centro adulti (quindi dopo i 18 anni); genotipo simile, con mutazioni CFTR severe ugualmente rappresentate, in entrambi i gruppi .

Dopo che l’epatopatia è diagnosticata i malati vengono seguiti per un periodo di tempo variabile fra i 2 e i 15 anni ( valore mediano dell’osservazione è di 7 anni ). Su 27 casi 18 (67%) sviluppano ipertensione portale (aumento di pressione, da ostacolo al flusso, nel sistema venoso derivato dalla vena porta che irrora il fegato), 2 con varici esofagee, 3 con ascite. In 5 casi (19%) viene eseguita splenectomia. Quasi tutti (22 su 27), dopo il riscontro dell’epatopatia, vengono messi in trattamento con acido ursodesossicolico; questo determina nella metà dei casi (11 su 22) miglioramento dei sintomi epatobiliari, come il prurito e la dolorabilità in sede epatica; e in tutti una netta diminuzione di valori degli enzimi epatici.

La situazione polmonare, che al momento della diagnosi di epatopatia era del tutto simile a quella degli altri pazienti non epatopatici, peggiora con il tempo e porta 9 su 27 (33%) a trapianto polmonare. Non c’è nessuna differenza nella sopravvivenza dopo trapianto polmonare in questi rispetto agli altri. Però nessun paziente con epatopatia va incontro a trapianto epatico e nessuno muore per complicazioni dovute all’epatopatia. E questa è la ragione per cui gli autori dello studio osservano che, almeno nel loro gruppo di malati, che sono adulti, l’epatopatia è una complicanza che non determina eventi altamente rischiosi e non accorcia la vita. Conclusione che si può accettare in parte (bisognerebbe infatti conoscere se l’epatopatia può indirettamente influenzare la situazione polmonare); come si può accettare il fatto che dallo studio veniamo a sapere di un certo effetto “protettivo” sui sintomi e sulla funzionalità epatica esercitato dall’acido ursodesossicolico; ma quale sia il peso di questo farmaco nel modificare in senso benigno il decorso della malattia epatica rimane del tutto incerto, perchè lo sapremmo solo con una ricerca basata su malati in cui un gruppo assume il farmaco e l’altro no .

1) Desmond CP et all “The benign course of liver disease in adults with cystic fibrosis and the effect of ursodeoxycholic acid” Liver Int 2007 Dec; 27(10) :1402-8