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17 Marzo 2009

Criteri per decidere l’ossigenoterapia

Autore: Paola
Domanda

Buonasera, mi chiamo Paola e sono affetta da fibrosi cistica. Non ho ancora le idee chiare su quali siano i valori limite della saturazione o ancor meglio dell’emogasanalisi, sotto i quali sia necessario iniziare l’ossigenoterapia in fibrosi cistica. Parlando con altri pazienti ho raccolto informazioni e pareri differenti. Da che valori rilevati attraverso il monitoraggio della saturazione notturna ad esempio è consigliabile iniziare l’ossigenoterapia la notte? E quali i valori limite di desaturazione in movimento rilevati attraverso i walking test? Ci sono parametri standard relativi a protocolli comuni o bisogna tener conto della storia totale del paziente? Grazie per l’attenzione e per il Vostro lavoro.

Risposta

Vediamo innanzitutto quali sono gli obiettivi della supplementazione di ossigeno. Prenderemo in considerazione solo l’ossigenoterapia cui si ricorre per uso prolungato in condizioni di malattia polmonare avanzata, quando vi sia documentata “ipossiemia” (bassi valori di ossigeno nel sangue). L’intento è quello di alleviare i sintomi di dispnea e affaticamento, di migliorare il riposo nel sonno, di ritardare lo sviluppo di “cuore polmonare” (sovraccarico del cuore destro con ingrossamento delle sue pareti).

La decisione di prescrivere il supplemento di ossigeno (O2) si basa prevalentemente sulla determinazione dei livelli di saturazione dell’emoglobina nel sangue arterioso (SaO2) con metodo transcutaneo (pulsossimetria). Vedre anche risposta del 19.01.09: Saturazione d’ossigeno e FEV1. Il livello di ossigenazione del sangue però non è un fenomeno istantaneo ma dinamico. Pertanto, interessa valutarne l’andamento in un tempo prolungato e in diverse condizioni: a riposo da sveglio, durante il sonno, nell’attività fisica. L’indicazione a ricorrere all’ossigeno deriva dalla combinazione delle informazioni ricavate da questo insieme di rilevazioni. E qui bisogna dire che non vi sono criteri standard condivisi, ma in linea di massima si considera come importante la presenza di periodi protratti di desaturazione (sotto il 90%). Lamenta la mancanza di criteri standardizzati di prescrizione, basati su sicure evidenze scientifiche, una recente ottima revisione sistematica della letteratura sull’arogomento (1). E’ evidente che una tale condizione a riposo da sveglio è fortemente orientativa per il trattamento. In altri casi la desaturazione può esservi solo nel sonno o durante l’attività fisica o, di solito, in entrambe le condizioni. Queste rilevazioni, magari ripetute, permettono di decidere se supplementare in O2 solo nel sonno o nell’attività fisica o in permanenza anche a riposo e per quanto tempo e con quanto ossigeno. Poi naturalmente si adatta la prescrizione alla situazione particolare del paziente, alla tollerabilità, al suo regime di vita. Il flusso di O2 da somministrare e la sua “frazione inspiratoria” (FiO2, o concentrazione dell’O2 nell’aria che alla fine si inspira) viene aggiustata sempre sulla base della saturimetria transcutanea rilevata per tempi abbastanza prolungati.

Va ricordato che in un soggetto con insufficienza respiratoria “ipercapnica”, cioè con aumento di anidride carbonica (CO2) nel sangue arterioso o capillare arterializzato oltre i 45 mmHg, il supplemento di O2, particolarmente se in eccesso, può determinare ulteriore incremento di CO2 e anche questo dato andrebbe controllato.

Serve invece poco a prendere decisioni la determinazione della pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso (PaO2, gasanalisi) perché il rilievo è in genere momentaneo (e il modo comunque più corretto sarebbe il prelievo arterioso, piuttosto invasivo) ed abbiamo visto come sia invece importante la rilevazione prolungata della condizione di ossigenazione.

1. Elpick HE, Mallory G. Oxygen therapy for cystic fibrosis. Cochrane Database Syst Rev. 2009 Jan 21;(1):CD003884

G.M.


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