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3 Ottobre 2013

Implicanze emotive di un intervento chirurgico in un bambino piccolo

Autore: Francesca
Argomenti: Varie, Vivere con FC
Domanda

Buongiorno. Non so se questa domanda sia attinente… Ma da tempo e’ quella che mi preoccupa maggiormente. La mia bimba di 17 mesi e’ stata operata per ileo da meconio, stomizzata, richiusa dopo 2 mesi. A maggio ha avuto un’ulteriore occlusione intestinale. Quello che maggiormente mi preoccupa e’ il trauma emotivo che la bimba possa avere subito. Che ne pensate? Grazie mille!

Risposta

Ogni evento traumatico produce una risposta emotiva, l’entità di tale risposta deve, però, considerarsi legata a molte variabili. Non dobbiamo infatti tralasciare il dolore fisico che il trauma comporta ma anche, se non talvolta maggiormente, le condizioni in cui il soggetto e nel nostro caso il bambino subisce l’esperienza dolorosa. Un dolore acuto per un breve tempo è sicuramente meno dannoso, nel ricordo emotivo, di un dolore più tollerabile ma molto protratto nel tempo, invalidante del quotidiano e che condiziona le singole azioni della persona. Ancora, un elemento che non può essere trascurato è il contesto in cui tale esperienza avviene, se il bambino è da solo, se si rivolge all’adulto di riferimento e non ha risposte contenitive, se oltre al dolore è presente la paura, sempre considerando che le conseguenze dell’esperienza emotiva si aggravano quanto più il bambino deve permanere nel suo dolore e nella sua angoscia, senza trovare possibilità consolatorie.

Un altro elemento, infine, per valutare la valenza emotiva che l’evento traumatico avrà nel tempo è legato all’impossibilità che il bambino, e più generalmente una persona, sperimenta nella possibilità di salvarsi da tale stato, con la percezione di essere bloccato ed impotente, di non potersi liberare.

Quanto sopra può essere riportato, come già espresso, ad una varietà molto ampia di situazioni che però, pur partendo dai medesimi postulati di base come sopra esposti, trovano una enorme diversità di collocazione e di lettura quanto più importante è la minaccia che l’evento porta alla persona; nel caso nostro potremmo affermare, ad esempio, che sarà più esposto al rischio emotivo futuro un bambino che abbia avuto un’esperienza dolorosa in situazioni in cui non ha avuto un buon contenimento da parte degli adulti di riferimento o a cui non è stato spiegato preventivamente che cosa gli sarebbe accaduto.

D’altra parte, però, ben sappiamo che in età precoce, dove gli aspetti cognitivi e di mentalizzazione non sono ancora attivati è impossibile poter fornire aspetti protettivi in modo anticipato e quindi nel valutare come poter contenere l’angoscia emotiva che il bambino, anche piccolissimo, esprime verso il dolore o il disagio dobbiamo valutare quanto nel momento di criticità si è potuto contenere tale malessere attraverso altri canali, il primis il contatto fisico ma anche la voce.

Una domanda a ritroso per chiederci quanto emotivamente ha lasciato traccia un’esperienza dolorosa in un bambino molto piccolo deve quindi indispensabilmente valutare se nel momento dell’evento l’ansia del genitore è riuscita a non sopraffare il proprio ruolo ed esso, come adulto di riferimento ha fatto da argine e da emozione vicariante all’angoscia del bambino.

Direi che le manovre dolorose, come nel caso citato, essendo acute, non eccessivamente prolungate non debbano essere considerate come fonti di danni emotivi futuri.

Ciononostante il bambino potrà sicuramente richiamare in memoria gli stati emotivi negativi già sperimentati, farlo anche in modo inconscio ma sperimentare comunque un disagio a seguito di cui potrà avere comportamenti difensivi come irrequietezza, pianto immotivato, disturbi del sonno.

Sono queste le situazioni in cui il bambino ha delle esperienze, azioni, comportamenti, confronti, in cui riconosce emozioni negative già vissute e in cui anticipa l’ angoscia che a lui deriva dal riconoscerle come esperienze di disagio.

Questo, anche nel bambino molto piccolo, può accadere con il dolore fisico ma anche nella relazione, come nel caso di bambini che dopo un contatto con un adulto, a volte anche conosciuto, scoppiano in un pianto inconsolabile.

Il caso descritto nella domanda non lascia ipotizzare che eventuali richiami in memoria di situazioni angosciose possano paralizzare o appesantire troppo negativamente il presente di un bambino ma per accompagnarlo davanti a stati emotivi di allarme che, data l’esperienza traumatica precoce, sicuramente avrà e che lo renderanno più sensibile a situazioni di disagio, è indispensabile che i genitori elaborino eventuali sensi di impotenza a salvarlo e cerchino di vicariare alla loro parziale possibilità di evitare dolore o disagio al bambino attraverso canali alternativi che, all’età del bambino descritto, un neonato, possono essere trasposizioni fantastiche, suoni, movimenti, contatti fisici che servono sia ad acquietare sia a superare il dolore.

Sinteticamente possiamo dire che un bambino che subisce precocemente un intervento come quello dell’ ileo da meconio e delle procedure conseguenti sviluppa sicuramente una sensibilità emotiva, più che fisica, allo stimolo doloroso che, però, non potrà essere responsabile di un danno emozionale futuro nella misura in cui l’esposizione è limitata e contenuta dalla presenza degli adulti di riferimento. Qualora il bambino piccolo si trovi a dover anticipare l’esperienza emotiva dolorosa vissuta durante e successivamente all’intervento in quanto richiamata in memoria da altre esperienze , è importante che lo si aiuti ad attivare canali emozionali alternativi così da contenere la sua angoscia con trasposizioni fantastiche e fisiche che riusciranno a calmarlo. Il tutto generalmente facendo contenere e rendere possibile il confronto con le attivazione negative sperimentate.

Quale aspetto contenitivo e vicariante deve essere considerata la capacità dei genitori di calmare il bambino e portarlo su un canale di relazione in cui egli potrà lasciarsi coccolare e quindi contenere e in cui si potrà abbandonare. In questo senso non dovrebbero mandare un messaggio di ansia e/o disperazione, in quanto ciò rende ancora più fragile il bambino nella sua possibilità di confronto con l’esperienza dolorosa o con il disagio che l’emozione di quella esperienza ancora gli procura se attivata.

Dr. Paola Catastini Psicologa presso Centro Regionale Toscano FC - Osp. Meyer, Firenze


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