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23 Luglio 2020

Polmoniti ricorrenti e bronchiectasie in giovane con possibile difetto primitivo di immunità

Autore: Chiara
Domanda

Salve a tutti, sono qui per parlare di mia figlia (15 anni). È iniziato tutto quando aveva 2 anni e ha avuto i primi episodi di bronchite, a tre anni invece è stata tenuta a casa per un anno a causa delle bronchiti e polmoniti ricorrenti e senza cura. Dopo quell’anno funesto si era ripresa, però da lì abbiamo iniziato a fare delle analisi, scoprendo che era allergica e con una leggera forma di asma. All’età di 6 anni, durante una normale rx di controllo, fu ricoverata d’urgenza per una polmonite avanzata con versamento pleurico. Il problema è che la bambina non presentava nessun tipo di sintomo. Dopo 2 settimane di ricovero l’hanno dimessa e da lì abbiamo fatto una visita da uno pneumologo, ma ancora nulla. A 9 anni ha avuto un altro episodio di polmonite, per fortuna scoperto subito all’inizio. Da lì siamo andati da uno pneumologo che dopo anni di terapie e altre ricadute, dopo una TC le ha diagnosticato delle bronchiectasie alla base del polmone destro e un po’ alla base del sinistro (all’epoca aveva 11 anni). Da questo momento si sono impegnati per capire da dove fossero derivate le bronchiectasie e attraverso le analisi genetiche mie e del papà è emersa la presenza di una immunodeficienza combinata. Da quel momento i medici hanno consigliato una cura con pep mask e a base di antibiotico. Nel giorno in cui tutto è stato più chiaro e abbiamo ricevuto la terapia, alla domanda della bambina: “per quanto dovrò fare questa cura?”, i medici ci hanno guardato e hanno risposto: “per più tempo possibile”. Da quel giorno la bimba si è spaventata molto e fino ad oggi che ha 15 anni, i casi di ricaduta sono stati in media una volta l’anno o un anno sì e uno no (tranne un anno in cui ha avuto due polmoniti di fila). Insomma una volta l’anno andiamo a fare una visita di controllo e ogni anno ci segnano la stessa terapia, ogni tanto cambiando qualcosa. La bambina inizia a rifiutare la cura e i medici l’ultima volta hanno parlato con me e il papà e ci hanno detto di cercare il più possibile di farle fare la terapia perché per ora è l’unico modo per rallentare la crescita delle bronchiectasie e che avanzando piano piano in età adulta rischiano di aumentare le polmoniti e le emorragie bronchiali. Ad oggi la nostra domanda è sempre questa, ma nessuno ci dà mai risposte chiare: cosa c’è da aspettarci dal futuro? Ci sono delle cure per far sparire queste bronchiectasie che continuano ad aumentare a vista d’occhio? C’è rischio di ricadere tra qualche anno, quando sarà più grande, in problemi molto seri? Ancora nessuno ci dà risposte su cosa dobbiamo aspettarci e i medici dosano la terapia in base a come la trovano durante le visite. Continuano a tastare nel buio, ma quanto dovremo andare avanti così? Ci sono risposte certe che potrebbero darci in base a questo caso clinico come descritto qui sopra? Ci è capitato che la bimba ogni tanto facesse domande, ma noi non sappiamo come risponderle. Ora inizia a crescere e non avendo risposte dai medici, senza spiegazione, non vuole più fare la terapia. Non sappiamo che dirle, una volta durante una litigata per via della terapia che non vuole fare, il papà si è fatto scappare una frase che hanno detto a noi i medici in separata sede “tra qualche anno, se continui così, farai una brutta fine”, la bimba si è messa a piangere e ci ha chiesto che significa. Il problema è che nemmeno noi lo sappiamo, perché i medici non sono andati oltre. E anch’io mi chiedo che significa, cosa rischia mia figlia con questo quadro clinico? Vi ringrazio in anticipo per la risposta. Siamo abbastanza disperati.

Risposta

Abbiamo voluto trascrivere integralmente questa storia, perché descrive bene le sfide che le famiglie e la medicina devono affrontare nelle situazioni cliniche croniche maldefinite. Purtroppo, nel tentativo di dare una risposta temiamo di venire associati alla lista dei medici che non sanno dire come sarà il futuro della giovane. Oltretutto, da questa finestra di osservazione, abbiamo lo svantaggio di non conoscere direttamente molte cose della giovane. Per cominciare, nessun dato ci viene fornito circa la diagnosi di “immunodeficienza combinata”. Su quali basi è stata definita una tale diagnosi, che sembra avere una ascendenza genetica nella famiglia? Certamente siamo nell’ambito delle “immunodeficienze primitive”. Tra queste vi sono molte forme, da quelle più lievi a quelle più gravi. La forma più grave è quella definita “Immunodeficienza combinata grave” o SCID. Questa è una malattia rara, geneticamente determinata, dovuta a un grave difetto delle cellule che producono anticorpi e altre sostanze di difesa contro le infezioni (i linfociti T e B). Esiste per questa oggi una terapia genica che vanta buoni risultati. Tale forma però dà manifestazioni infettive molto precoci e gravi, già in età infantile, e compromette severamente la crescita. Non ci sembra sia questo il caso della domanda: qui ci sono episodi di infezione polmonare ma abbastanza circoscritti anche se relativamente frequenti (una polmonite all’anno), pur responsabili di danni strutturali dell’albero respiratorio, come le bronchiectasie. Ci chiediamo se si è affrontata con i medici la possibilità di una immunoterapia, atta a correggere in qualche misura il difetto immunitario, di cui la domanda non parla.
Va ricordato che esistono in Italia eccellenti istituti che si occupano specificamente di malattie da difetto dell’immunità: una consultazione presso qualcuno di questi potrebbe essere di aiuto, partendo dalla diagnosi di cui la domanda fa solo un cenno.
Certamente al momento la presenza di bronchiectasie rende la fisioterapia respiratoria (tecniche per favorire il drenaggio delle secrezioni dai bronchi interessati) del tutto indispensabile. Ci si chiede anche se sia mai stato fatto un test del sudore per escludere la fibrosi cistica, causa comune e frequente di bronchiectasie.

G. M.


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