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24 Giugno 2012

Trapianto di lobo polmonare da vivente

Autore: Giuseppe
Argomenti: Trapianti
Domanda

Vorrei un chiarimento su una questione relativa al trapianto di polmoni in un bambino affetto da FC. Fosse possibile la donazione tra esseri viventi, è pensabile che un genitore doni un solo polmone sano al proprio figlio o comunque sono necessari per il trapianto entrambi i polmoni? Lo chiedo perchè conosco persone che, in seguito ad incidenti, hanno perso un polmone, sopravvivendo comunque bene con il solo rimasto. Lo chiedo perchè credo che la consanguineità – a patto di avere lo stesso gruppo sanguigno- possa migliorare i problemi di rigetto. Grazie

 

Risposta

Non è pensabile che un genitore o qualsiasi altra persona in vita doni un intero polmone. E’ vero che in condizioni particolari (traumi, infezioni, tumori) oggi si arriva ad asportare un intero polmone, ma l’intervento comporta una menomazione importante, che è giustificata solo quando particolari condizioni di cattiva salute di partenza lo rendono l’unica scelta possibile.

Il tema del trapianto da donatori viventi è stato affrontato nel X Seminario di Primavera dal dott. Alessandro Bertani, chirurgo trapiantologo di uno dei più qualificati centri trapianto d’Europa (‘ISMETT di Palermo).
Alcuni punti:

Mentre è troppo rischiosa l’idea della donazione di un intero polmone, le esperienze fino a qui raccolte hanno mostrato che per il donatore il prelievo di un lobo polmonare (di solito quello superiore) comporta probabilità ridotte di complicanze intraoperatorie e postoperatorie, e assenza di menomazioni significative della sua integrità fisica. Però la donazione di un singolo lobo non è in grado di provvedere alle necessità respiratorie del malato FC con danno polmonare avanzato, perciò si rende necessaria la donazione di due lobi polmonari da due differenti donatori. I donatori debbono essere il più sani e il più giovani possibile e, secondo quanto riportato dal dott.Bertani, la legge in via di approvazione potrebbe contemplare la possibilità che non siano legati al malato da un vincolo di parentela; potrebbero semplicemente nutrire nei suoi confronti una solida motivazione al gesto della donazione. E’ indispensabile che abbiano lo stesso gruppo sanguigno del malato, questo è l’unico criterio richiesto; non sono da privilegiare le donazioni di persone con un’affinità genetica o una compatibilità “tissutale” con il malato (come sono i consanguinei). Per quello che finora si sa, il rischio di rigetto dei loro lobi non sarebbe minore rispetto a quelli donati da altri.

 

G. Borgo


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