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9 Febbraio 2023

La proteina CFTR regola l’ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule e protegge dalle complicanze di COVID-19

Dott.ssa Lara Rossi, medical writer

Fin dai primi giorni della pandemia da coronavirus, la fibrosi cistica (FC) è stata considerata una condizione particolarmente rischiosa per le persone con COVID-19. I pazienti con FC che hanno contratto l’infezione sono stati monitorati con attenzione nel timore che il virus SARS-CoV-2 potesse causare un rapido deterioramento delle funzioni polmonari, come già osservato in passato con altri virus respiratori, tra cui quello responsabile dell’influenza. Tuttavia, i dati clinici raccolti in questi primi anni di pandemia sembrano smentire questa ipotesi e indicano, al contrario, che nelle persone con FC l’infezione da SARS-CoV-2 non ha generalmente un decorso clinico severo.

Per saperne di più su questa “protezione”, un recente studio (questo) ha indagato la relazione tra la proteina CFTR e il recettore cellulare del virus SARS-CoV-2, chiamato ACE2 (Angiotensin Converting Enzyme 2). Primo autore dello studio è Valentino Bezzerri, del Centro Fibrosi Cistica di Verona e dell’Università di Verona, in passato coinvolto in diversi progetti sostenuti da FFC Ricerca.
“L’idea dello studio ci è venuta a marzo 2020”, commenta Bezzerri, “quando presso il Centro Fibrosi Cistica di Verona, in pieno lockdown, si è notato che tra le persone con fibrosi cistica non si rilevavano molti casi di COVID-19. Il che ci ha sorpreso perché in passato altri virus respiratori avevano dato grossi problemi”. Da qui l’ipotesi che ci potesse essere qualcosa che proteggeva le persone con FC da SARS-CoV-2 e che non entrava in gioco nelle altre infezioni. “Abbiamo subito pensato a qualcosa a livello comportamentale: le persone con fibrosi cistica erano già abituate a usare le mascherine, lavarsi frequentemente le mani e frequentare poche persone. Ma volevamo verificare se potesse esserci altro e se i meccanismi molecolari legati a CFTR avevano un ruolo nella biogenesi di COVID-19”.

I risultati raccolti da Bezzerri e colleghi e pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Communication suggeriscono che l’espressione e la localizzazione cellulare di ACE2 sono correlate all’espressione e alla localizzazione di CFTR. In particolare, la presenza di una forma mutata di CFTR sembra diminuire l’espressione di ACE2 e ostacolarne il corretto posizionamento sulla membrana cellulare.
In linea con questi risultati, lo studio mostra anche che la presenza di una forma mutata di CFTR diminuisce la suscettibilità dell’epitelio bronchiale all’infezione da SARS-CoV-2. Le conseguenze sono duplici: da un lato, vengono ostacolati l’ingresso e la replicazione del virus; dall’altro, viene limitata la produzione di molecole infiammatorie (citochine) rilasciate in seguito al legame di SARS-CoV-2 con ACE2.
Questi dati suggeriscono che la FC potrebbe rappresentare, almeno in parte, un fattore di protezione dalle complicanze più gravi di COVID-19.

Per saperne di più
Nello studio sono stati studiati e testati in laboratorio diversi modelli sperimentali di cellule epiteliali bronchiali. Gli autori hanno dimostrato che sia l’espressione di ACE2 che la sua localizzazione cellulare vanno di pari passo con quelle della proteina CFTR. Per esempio, se le cellule vengono indotte a esprimere alti livelli di CFTR, anche i livelli del recettore ACE2 aumentano in modo concorde.

Un dato particolarmente interessante riguarda l’attività funzionale di CFTR, che non sembra invece essere rilevante per la sua azione su ACE2: l’espressione e la localizzazione di ACE2 rimangono infatti correlate a quelle di CFTR anche nel caso di mutazioni come la F508del, che impediscono al canale di raggiungere la membrana plasmatica della cellula e quindi di funzionare. Allo stesso tempo, se si inibisce la funzione di CFTR normale, non si osservano ripercussioni sui livelli di proteina ACE2.

La relazione tra CFTR e il recettore ACE2
I ricercatori hanno dunque cercato di capire da cosa dipende la relazione tra CFTR e ACE2. Nelle cellule epiteliali bronchiali che esprimono la forma mutata F508del-CFTR, anche ACE2 ha una localizzazione anomala ed è trattenuto nel reticolo endoplasmatico della cellula insieme a CFTR. La correlazione tra l’espressione di CFTR e ACE2 è apparsa ancora più evidente per le mutazioni che portano all’assenza totale della proteina CFTR (come W1282X e G542X): cellule epiteliali bronchiali con queste mutazioni hanno livelli molto bassi di ACE2, inferiori anche a quelli osservati nelle cellule di pazienti con mutazione F508del.

In aggiunta a queste osservazioni, lo studio ha cercato di chiarire se la diminuita espressione di ACE2 riscontrata nelle persone con FC si traducesse in una maggiore protezione nei confronti di SARS-CoV-2. Per rispondere a questa domanda, sono stati usati sistemi per diminuire l’espressione di CFTR in cellule in coltura: come ipotizzato, la perdita di CFTR riduce in modo significativo la capacità di SARS-CoV-2 di infettare le cellule e replicarsi. Questo dato è in linea con quanto riportato da un altro recente studio, già recensito sul nostro sito qui.
Dalle analisi dei dati raccolti da Bezzerri e colleghi emerge anche un altro possibile effetto “protettivo”: poiché il legame tra ACE2 con SARS-CoV-2 è ridotto nelle cellule con CFTR mutata, anche l’attivazione dei processi infiammatori è limitata e il rischio della cosiddetta “sindrome da rilascio di citochine infiammatorie” che colpisce i pazienti con forme severe di COVID-19 si riduce notevolmente.

Le prospettive future degli studi su SARS-CoV-2 e fibrosi cistica
“Il nostro studio fa luce sul perché SARS-CoV-2 non ha causato (per fortuna) gravi conseguenze nella popolazione con FC”, commenta Bezzerri. “I risultati forniscono anche lo spunto per progettare terapie innovative contro COVID-19 per la popolazione generale”. Alcuni canali del cloro, non solo CFTR, potrebbero infatti essere usati come bersaglio molecolare per trattamenti anti COVID-19. Per esempio, lo studio mostra che, se gli epiteli bronchiali sono pre-trattati con specifici microRNA che inibiscono l’espressione di CFTR, l’infettività di SARS-CoV-2 si riduce. Se questi dati verranno confermati, i trattamenti in grado di ridurre l’espressione di CFTR potrebbero aiutare a proteggere dall’infezione da SARS-CoV-2 e dalle complicanze da COVID-19.

“In futuro vorremmo estendere gli studi a un maggior numero di pazienti”, conclude Bezzerri, “e analizzare l’effetto di alcuni farmaci, come i modulatori e gli antibiotici, su un epitelio respiratorio FC in presenza di SARS-CoV-2. Da ultimo, vorremmo analizzare la relazione tra ACE2 e CFTR anche con mutazioni diverse da F508del”.