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3 Giugno 2015

Mutazioni di classe III più rare potranno giovarsi di Ivacaftor?

Autore: Antonio
Argomenti: Nuove terapie
Domanda

Mia figlia, bimba con fibrosi cistica ha 3 anni e ha la mutazione M1137V. Dato che l’AIFA ha stabilito che Kalydeco (ivacaftor) può essere somministrato solo nel “Trattamento della fibrosi cistica (FC), in pazienti di età pari o superiore a 6 anni che hanno una delle seguenti mutazioni di gating (di classe III) nel gene CFTR: G551D, G1244E, G1349D, G178R, G551S, S1251N, S1255P, S549N o S549”. E gli altri come mia figlia? Grazie per tutto quello che fate.

Risposta

Per chi non conoscesse le caratteristiche della mutazione M1137V, diciamo che si ritiene che sia anch’essa una mutazione di “gating” (ne abbiamo parlato in dettaglio nella risposta A proposito del genotipo DF508 M1137V). Quindi i quesiti d’interesse allargato che la domanda pone sono:
– che cosa ci si può aspettare in futuro dalla ricerca per altre mutazioni gating, in teoria trattabili con Kalydeco?
– il criterio dell’età superiore ai sei anni indispensabile per poter beneficiare del trattamento con Kalydeco rimarrà tale per molto tempo?

Rispetto al primo quesito: è possibile che saranno avviati nuovi trial che includano mutazioni gating più rare di quelle già considerate (M1137V è mutazione molto rara). I trial per mutazioni rare o molto rare richiedono un “disegno” particolare per produrre risultati interpretabili. Del resto, la sperimentazione è indispensabile perché non è detto che tutte le mutazioni di gating rispondano al farmaco potenziatore nella stessa maniera.
Rispetto al secondo quesito: solo nel marzo 2015 la FDA americana ha approvato l’uso del Kalyeco nei bambini piccoli (che avessero almeno una delle 9 mutazioni di gating sopra elencate) di età compresa fra i due e i cinque anni, dopo la conclusione di un trial che lo aveva sperimentato in quella fascia d’età (trial descritto in clinicaltrials.gov, codice NCT01705145). Ci sono delle ragioni che giustificano la prudenza del percorso: i bambini piccoli hanno un metabolismo peculiare, diverso dai più grandicelli e dagli adulti. Per questo bisogna essere certi che la stessa molecola sia attiva e non ponga problemi di tossicità e che la capacità di assorbire e smaltire il farmaco somministrato con un certo dosaggio (diverso da quello sperimentato in altre età) sia adeguata (studi di farmacocinetica e farmacodinamica). Per quanto ne sappiamo, in Europa l’estensione dell’impiego di Kalydeco all’età di 2-5 anni è stata validata dall’European Medicines Agency (EMA) ed ora è sotto revisione da parte del Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP). Che cosa farà l’Agenzia Italiana per i Farmaci (AIFA) è difficile prevedere. Nel marzo di quest’anno ha approvato l’uso di Kalydeco per i soggetti con mutazioni gating dai sei anni in su (AIFA approva Kalydeco per tutti i pazienti FC di oltre 5 anni con mutazioni gating). Certamente il poter impiegare Kalydeco molto precocemente nei soggetti che ne hanno indicazione comporterebbe la condizione di massimo vantaggio, in quanto nei bambini piccoli la malattia non ha ancora determinato danni importanti. La questione non riguarda solo Kalydeco, piuttosto si pone in generale per tutti nuovi farmaci mutazione-orientati oggetto di ricerca: i trial in cui sono stati sperimentati si sono svolti per lo più prima in soggetti sopra i 12 anni, poi sopra i 6 anni, infine (per il solo Kalydeco, a quanto ci risulta fino ad oggi) in quelli fra 2 e 5 anni. La ricerca ha le sue fasi e i suoi tempi, ma è un bene che ne siano rispettate le regole, anche se questo vuol dire che cammina sempre troppo piano rispetto a quello che la speranza vorrebbe.

G. Borgo


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