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5 Giugno 2012

Gli ftalati contenuti nelle capsule di alcuni preparati di enzimi pancreatici non sono dannosi

Autore: Chicca
Argomenti: Enzimi pancreatici
Domanda

Salve, sono la mamma di una bimba Fc con insufficienza pancreatica. Fin da piccola mia figlia assume CREON 10.000. Leggendo il bugiardino, ho visto che tra gli eccipienti c’è lo ftalato e poi, facendo qualche ricerca, ho trovato che tra le sostanze utilizzate per la capsula di creon vi è, tra l’altro, l’ “ipromellosa ftalato”. Poichè “gli ftalati sono esteri di acido ftalico e sono principalmente utilizzati come plastificanti (sostanze aggiunte per materie plastiche per aumentare la loro flessibilità, trasparenza, durata e longevità). Essi sono utilizzati principalmente per ammorbidire cloruro di polivinile (PVC). Gli ftalati sono in fase di esaurimento in molti prodotti negli Stati Uniti, Canada e Unione Europea per problemi di salute. Tralascio il resto degli utilizzi che se ne fanno… Ma mi chiedo: curiamo una cosa e rischiamo un cancro? Ho guardato gli eccipienti del pancrex e non ci sono gli ftalati. Da quello che ho sentito, la maggior parte dei malati FC assumono Creon, perchè non viene dato il Pancrex? Che differenze vi sono? grazie tante e cordiali saluti.

Risposta

Attualmente l’insufficienza pancreatica, complicanza presente in circa l’85% dei soggetti con Fibrosi Cistica, viene trattata esclusivamente con enzimi pancreatici ricavati da pancreas suino, sostanze farmaceutiche molto purificate, ben standardizzate, abbastanza stabili e comunque rigorosamente controllate con trials clinici adeguati. Tra questi, Creon, Pancrease, Pancrex e Zenpep (quest’ultimo approvato in America nel 2009 e non ancora in commercio in Italia) rappresentano le più comuni formule, la cui differenza risiede principalmente nella concentrazione dell’enzima Lipasi, che può variare da 5000 a 40000 unità presenti in ciascuna capsula, e nella diversa stabilità ed omogeneità del contenuto per capsula nel tempo. La lipasi è il più importante dei tre enzimi contenuti, gli altri due sono proteasi e amilasi. Non esiste un prodotto che possa essere considerato più efficace di un altro, l’efficacia dipende in larga parte da una corretta somministrazione e dal giusto dosaggio che viene individualizzato sulla base della risposta clinica (incremento ponderale, compenso della perdita di grassi nelle feci, dolori addominali, adeguamento della dose nel tempo, aderenza alla terapia). Altri tentativi di commercializzazione di preparati pancreatici ricavati da funghi o da prodotti umani, in quest’ultimo caso con tecnica di ingegneria genetica, si sono rivelati di scarsa efficacia, misurata con adeguati studi clinici, e pertanto non introdotti in commercio.

La modalità di somministrazione degli estratti pancreatici può avvenire o deglutendo le capsule di estratto pancreatico o, dopo avere eliminato l’involucro della capsula, assumendo i granuli ben mescolati con composti aciduli. È in preparazione una formulazione di estratti pancreatici in granuli protetti ma privi di capsula, destinata ai lattanti e bambini piccoli, con lo scopo di consentire una maggiore facilità nella suddivisione e nella somministrazione delle singole dosi. Ad eccezione della “colonpatia fibrosante”, complicanza a carico principalmente del colon ascendente e trasverso (una forma di infiammazione che ispessisce la parete del colon e ne riduce il lume, ndr), la cui insorgenza è stata associata alla assunzione di eccessive quantità di estratti pancreatici, non sono descritti effetti collaterali né aumentata incidenza di tumori a carico dell’apparato gastro-intestinale correlati alla assunzione di preparati a base di enzimi.

Specificamente al quesito posto, l’idrossipropilmetilcellulosa ftalato costituisce uno degli eccipienti contenuti nel rivestimento capsulare della gran parte dei prodotti a base di estratti pancreatici. Nel marzo 2012 la Food and Drug Administration (FDA) (ossia l’organismo di vigilanza sui prodotti di carattere medico e sanitario che vengono commercializzati negli Stati Uniti) ha pubblicato una sintesi della guida per l’industria farmaceutica all’uso degli ftalati nelle preparazioni farmaceutiche (“Guidance for Industry Limiting the Use of Certain Phthalates as Excipients in CDER-Regulated products” http://www.accessdata.fda.gov/scripts/cder/iig/getiigWEB.cfm) nella quale indica quali ftalati non devono essere utilizzati nella preparazione di farmaci in quanto possibilmente nocivi. In questa guida la FDA raccomanda di non usare DBP (dibutyl phthalate ) e DEHP (di- 2-ethylhexyl phthalate ) per i quali esiste una evidenza che la loro esposizione presenti un potenziale rischio di tossicità sullo sviluppo e sul sistema riproduttivo, rischi che sono correlati prevalentemente alle elevate concentrazioni e agli elevati dosaggi piuttosto che alla loro tossicità. Per questo motivo la FDA consiglia l’uso di alternative più sicure. Nè il DBP nè il DEHP sono contenuti nelle preparazioni degli enzimi pancreatici, nemmeno in quello citato nella domanda. D’altra parte, per le sue caratteristiche fisiche la rapida dissoluzione dell’eccipiente idrossimetilpropilcellulosa ftalato ne consente da una parte il rilascio degli enzimi nel piccolo intestino e dall’altra la sua eliminazione attraverso le urine. Pertanto, non ci sono studi che dimostrino effetti nocivi di ipromellosa ftalato con l’uso di Creon nè nella Fibrosi Cistica nè, più in generale, nella insufficienza pancreatica esocrina. Per quanto riguarda eventuali differenze fra una formulazione o l’altra la scelta generalmente si basa sulla dose media degli enzimi che deve essere somministrata per ogni pasto, sull’età del paziente e sulla evidenza che alcune formulazioni contengono generalmente granuli più piccoli e più omogenei.

Valeria Raia, Centro Fibrosi Cistica, Dipartimento di Pediatria Università Federico II, Napoli


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