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28 Agosto 2011

La bassa temperatura recupera la CFTR mutata DF508: si può imitare tale effetto con farmaci adeguati?

Autore: Michele e Annalisa
Argomenti: Nuove terapie
Domanda

Prima domanda

E’ apparsa questa notizia (ANSA): “Roma, 2 Agosto – La bassa temperatura per ripristinare la funzione della proteina alterata nei pazienti affetti da fibrosi cistica. E’ la ricerca portata avanti, grazie anche ai fondi di Telethon, da Luis Galietta, dell’Istituto Gaslini di Genova. I ricercatori – che hanno testato 250mila molecole – hanno visto che una bassa temperatura è sufficiente per ripristinare in modo significativo l’attività di CFTR in cellule prelevate da pazienti con fibrosi cistica che hanno la mutazione deltaF508. Cosa c’e’ di vero?

Michele

Seconda domanda

Buongiorno, ho letto con grande gioia la notizia delle nuove prospettive di cura aperte dagli studi sul “freddo” del Prof. Galietta. Potreste dirci qualcosa al riguardo, anche rispetto ai possibili tempi per l’arrivo di una nuova cura (visto che noi lottiamo ogni giorno contro il tempo…). Grazie di cuore.

Annalisa

Risposta

I risultati della nostra ricerca non sono esattamente quelli riportati in alcuni comunicati. L’effetto della bassa temperatura sulle cellule che esprimono la proteina CFTR con la mutazione deltaF508 è un fenomeno già conosciuto già da diversi anni. Lo studio fu pubblicato da un gruppo americano nel 1992. Si dimostrò che tenendo le cellule in laboratorio ad una temperatura di 27 gradi centigradi per 24 ore, la proteina mutata non veniva più degradata ma portata correttamente sulla membrana cellulare dove deve funzionare. Il nostro studio ha voluto analizzare in dettaglio l’effetto di alcuni composti chimici (i cosiddetti correttori) che devono “curare” la proteina mutata confrontandoli con l’effetto della bassa temperatura. Per guardare in dettaglio gli effetti di questi trattamenti abbiamo usato la tecnica dei “microarray”. Queste sono lastrine sulle quali sono depositate, sotto forma di tanti puntini separati (spot), le sequenze corrispondenti a geni cellulari. Gli spot catturano, come se fossero dei velcro, le molecole di RNA che sono il prodotto dell’espressione di ciascun gene. Il microarray che abbiamo utilizzato ha circa 56.000 spot che coprono probabilmente tutti i geni umani. In pratica, quanto più un gene cellulare è espresso, tanto più lo spot corrispondente si illumina. In questo modo abbiamo analizzato il profilo di espressione genica di cellule trattate in vario modo. I nostri risultati hanno dimostrato che il trattamento delle cellule con bassa temperatura scatena una risposta in cui l’espressione di centinaia di geni cambia notevolmente, alcuni si “accendono” mentre altri si “spengono”. L’aspetto interessante è che lo stesso profilo è stato ottenuto non solo all’interno di comuni cellule di laboratorio ma anche nelle cellule bronchiali isolate da pazienti con la mutazione deltaF508. All’interno della lista dei geni che sono influenzati dalla bassa temperatura ci sono molti che producono proteine deputate al controllo di qualità della sintesi proteica. Abbiamo ipotizzato che qualcuno di questi “controllori” sia proprio coinvolto nel recupero della proteina mutata. Trattare queste molecole specificamente con farmaci, attivandole o inibendole a seconda della necessità, potrebbe essere un modo per mimare l’effetto della bassa temperatura che ovviamente non può essere applicata ai pazienti.

Luis Galietta, Laboratorio Genetica Molecoloare, Istituto G. Gaslini, Genova


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