Sei in Home . Informati . Domande e Risposte . La CF Foundation americana vende per una somma enorme i suoi diritti sugli incassi derivanti dai farmaci Vertex: cosa cambia nel mondo delle organizzazioni non profit?

3 Dicembre 2014

La CF Foundation americana vende per una somma enorme i suoi diritti sugli incassi derivanti dai farmaci Vertex: cosa cambia nel mondo delle organizzazioni non profit?

Autore: Gianluca
Argomenti: Nuove terapie, Varie
Domanda

Salve, vorrei un parere da voi esperti come può cambiare la posizione della CFF dopo la vendita delle azioni Vertex a Royalty Pharma per 3,3 miliardi di dollari, considerando che nessuna raccolta fondi o altro aiuto si possa dare ad una fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica potrà mai avvicinarsi a questa cifra o agli interessi che essa maturerà nel tempo. E come cambierà il ruolo delle altre organizzazioni nel supportare la ricerca scientifica vista la disparità delle capacità che tale rendita ha creato? Grazie e a presto.

Risposta

L’evento cui si riferisce la domanda è di quelli da capogiro. Ne ha dato comunicazione il 19 novembre scorso il The New York Times (1). Si tratta di un grosso affare, realizzato dalla Fondazione Nordamericana che si occupa di fibrosi cistica (CFF, Cystic Fibrosis Foundation) e ha finanziato negli ultimi 15 anni l’azienda farmaceutica Vertex Pharmaceuticals.

Riassumendo, la CF Foundation ha investito in questo periodo una grossa fetta delle donazioni che raccoglieva nelle sue campagne in una piccola azienda farmaceutica, appunto la Vertex Pharmaceuticals. Il finanziamento diretto è stato di 75 milioni di dollari, cui vanno aggiunti circa altri 75 milioni per il supporto a vari studi e progetti condotti in o intorno a quel contesto: un totale quindi di circa 150 milioni di dollari. Quell’investimento ha prodotto, come noto, un farmaco, il kalydeco, che è già entrato nell’uso per una piccola frazione di malati, mentre altri farmaci della stessa azienda sono entrati in studi di fase 3, alcuni conclusi con parziale successo, e stanno per essere sottoposti all’approvazione delle agenzie per i farmaci FDA ed EMA.

La CFF, quale investitore determinante presso Vertex, ha acquisito i diritti finanziari (le cosiddette royalties) sugli incassi derivanti dalle vendite dei farmaci Vertex per FC. In sostanza, la fondazione avrebbe potuto ricevere per 20 anni una quota degli incassi legata al volume delle vendite che in questo tempo potrebbe realizzarsi. La fondazione ha ricevuto però una offerta eccezionale da una azienda di investimenti, la Royalty Pharm: il versamento immediato di 3,3 miliardi di dollari per la cessione dei diritti di CFF sulle vendite Vertex. CFF ha deciso di accettare l’offerta e di vendere i suoi diritti, anziché aspettare l’esito degli incassi Vertex anno per anno. La CF Foundation ha pensato cioè che una tale enorme somma di denaro, immediatamente a disposizione, a sua volta investita sul mercato finanziario, avrebbe consentito, anche attraverso gli utili, di sviluppare nuove ricerche per trovare soluzioni terapeutiche per tutti i pazienti CF.

Si pensa che la Royalty Pharm abbia stimato come enorme il successo di mercato che avrebbero avuto i farmaci per FC prodotti e venduti da Vertex. Infatti, non vi sono precedenti di un tale importo per comprare royalties da altre fondazioni che avevano investito nell’industria farmaceutica per trovare cure per i malati che quelle fondazioni rappresentavano.

La prima perplessità che nasce da questa operazione riguarda il costo del primo farmaco per FC già messo in commercio, il kalydeco: il costo annuo è di circa 300 mila dollari per singolo paziente, e i pazienti che lo assumono ne faranno probabilmente uso per tutta la vita (che sarà probabilmente molto più lunga di quella attualmente attesa). E dello stesso livello sarà presumibilmente il costo di altri farmaci che Vertex si attende di porre sul mercato. Ci si è chiesto perché la CF Foundation, che è stata così determinante nel successo della piccola azienda Vertex, non abbia influito nel calmierare il prezzo di kalydeco. Il presidente della Fondazione americana ha risposto che l’organizzazione aveva espresso al produttore la preoccupazione sul costo del farmaco ma che essa non aveva alcun potere per stabilire i prezzi di mercato. Ne poteva nascere il sospetto che il profitto derivante dal farmaco potesse creare un conflitto di interesse per la fondazione americana, dato che gli alti costi del farmaco avrebbero consentito alla Fondazione un alto valore delle royalties. Il presidente CFF si difende anche dicendo che la mission della Fondazione è sempre stata quella di raggiungere trattamenti efficaci per i malati e che i ritorni finanziari dei suoi investimenti per questo obiettivo non avrebbero fatto altro che aiutare questi intenti. E’ una risposta che non ci convince completamente: lo sponsor principale ha un forte potere di condizionamento, se ha la volontà di esercitarlo, sui prezzi dei farmaci prodotti grazie al suo finanziamento. E’ questione di una visione complessiva, necessaria per affrontare questi temi di vitale importanza per la comunità.

Certamente questo evento rappresenta un nuovo scenario nella lotta alle malattie, ponendo il problema di come conciliare l’interesse dell’industria, e di chi vi investe come organizzazione non profit anche per ricavarne profitto, con l’interesse delle cure per i malati. Problema tanto più cruciale quando sono in gioco farmaci, come il kalydeco, dai costi inaccessibili, che rendono assai difficile anche la possibilità di approvvigionamento tramite finanza pubblica, specialmente in periodi di crisi, come l’attuale.

La vicenda americana pone anche in crisi la tradizionale raccolta fondi di quella organizzazione, ma anche di altre e non solo di quelle fondate sulla lotta alla fibrosi cistica. Una tale somma di denaro acquisita dalla CF Foundation potrebbe far ritenere inutili ed irrisorie le donazioni che tanti privati ed aziende fanno abitualmente per sostenere la ricerca. E potrebbe anche minare in parte l’indipendenza della ricerca, che non dovrebbe essere legata solamente alle scelte della ricca industria ed anche a quelle di una ricca charity, che ricava dai profitti dei farmaci sviluppati con il suo contributo il supporto alle sue scelte di ricerca. Noi crediamo fermamente che occorra dare supporto continuo agli sforzi e alle iniziative autonome che provengono da ricercatori e gruppi di ricerca qualificati, anche al di fuori delle grandi strategie dominanti, perché la ricerca oggi richiede si un enorme investimento di mezzi e di tecnologie ma necessita anche di spazio sufficiente alla creatività e all’inventiva individuale e di gruppi indipendenti, quella che la Fondazione Ricerca FC italiana intende fortemente sostenere con il supporto delle tante persone che la seguono. Apprezzeremo l’impresa della CF Foundation se manterrà una forte lungimiranza, attenta anche a quanto avviene di buono fuori dei confini tradizionali del suo “impero”.

1. www.nytimes.com/2014/11/19/business/for-cystic-fibrosis-foundation-venture -yelds-windfall-in-hope-and-cash.htlm

G. M.


Se hai trovato utile questa risposta, sostieni la divulgazione scientifica

Dona ora