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31 Maggio 2023

Mutazioni orfane di trattamento: perché Kaftrio non viene sperimentato nel malato quando è risultato inefficace sui modelli cellulari ex vivo

Autore: Lucia
Domanda

Buonasera, sono una paziente ligure di 32 anni orfana di cura e con due mutazioni molto molto rare (delezione 17, 17B, 18 – M1V). Su di me è stato fatto solo un brushing nasale anni fa che non ha dato responsi positivi con Kaftrio. Ma avendolo provato su cellule e non su un organismo complesso come quello su persona… può essere un risultato così determinante? In più, perché non aprono la possibilità di somministrare Kaftrio a tutti in modo che tutti possiamo avere le stesse opportunità?
Dopo 5 anni dall’avvio di questa terapia credo ci meritiamo tutti di toglierci il dubbio se anche noi “rari” possiamo svoltare vita… no? Qual è il gap che non permette la somministrazione a tutti? Se poi uno fosse un non responsivo ovviamente si potrebbe sospendere l’assunzione del Kaftrio, ma magari tanti rari e poco studiati – tipo me – potrebbero sorprendere. Grazie.

Risposta

Le mutazioni presenti nel genotipo CFTR di chi scrive sono rare e soprattutto compongono un difetto molto complesso in cui probabilmente vi sono delezioni multiple di esoni (i pezzi fondamentali in cui è suddiviso il gene: CFTR ne ha 27, qui ne mancherebbero 3). Inoltre vi sarebbe un’altra mutazione rara: M1V.
Cerchiamo ora di rispondere alle domande poste.

1) È determinante la risposta al farmaco ottenuta su modelli cellulari ex vivo?

Le prove di efficacia di un farmaco svolte su modelli cellulari ex vivo, vale a dire su cellule epiteliali prelevate dal malato stesso vivente, sono quanto di meglio oggi la ricerca in campo FC metta a disposizione per studiare la risposta individuale a un farmaco modulatore di CFTR. Il prelievo di queste cellule può essere fatto a livello intestinale, bronchiale, nasale. Gli studi più recenti hanno messo in rilievo come uno dei modelli più idonei sia rappresentato dalle cellule epiteliali nasali; inoltre varie ricerche hanno mostrato nella maggior parte dei casi una buona correlazione fra la risposta delle cellule nasali e la risposta clinica del malato al farmaco (valutata in genere secondo i parametri della funzionalità respiratoria e del numero di infezioni respiratorie). Qui un approfondimento scientifico.

Da questi studi dobbiamo dedurre che se non c’è efficacia del farmaco sui modelli cellulari ritenuti idonei, è improbabile che ci sia nel malato. Certo non possiamo dire che sia impossibile, perché la prova regina è la sperimentazione clinica diretta somministrando il farmaco. Ma la rarità delle mutazioni in gioco in pochi individui rende impossibile organizzare trial clinici controllati che abbiano una numerosità sufficiente a dare risposte valide. Questa è la grande difficoltà e da questa difficoltà hanno preso origine i test ex vivo.

2) Perché non prescrivere il Kaftrio anche in assenza di dimostrata efficacia su modelli cellulari, in modo che tutti abbiano le stesse opportunità ?

Ci sembra opportuno ricordare che in Italia la salute dell’individuo è tutelata da un Servizio Sanitario Nazionale, che ha l’obiettivo di garantire un trattamento equo a tutti i cittadini, con modalità il più possibile gratuita o semmai attraverso pagamento di un contributo alla spesa. Il nostro sistema sanitario si poggia su una valutazione del rapporto costi/benefici di ogni intervento; quindi deve selezionare in partenza quei malati nei quali il costo del farmaco sia compensato da un prevedibile vantaggio di salute, non può permettersi di valutare dopo mesi di trattamento se funziona o no. Crediamo che nessuno ignori il costo molto elevato che ha il trattamento annuale con il Kaftrio anche di un solo malato FC e le lunghissime trattative tra AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e l’industria produttrice di Kaftrio per arrivare a un accordo per un costo sostenibile. L’intesa è stata raggiunta nel luglio 2021 e, attraverso successivi allargamenti delle indicazioni, oggi il trattamento con il Kaftrio è disponibile a carico del SSN per tutti i malati, a partire da sei anni di età, che abbiano nel genotipo almeno una copia della più diffusa mutazione F508del. Certo, anche una sola vita conta, anche una sola mutazione orfana di trattamento rimane una questione aperta, per questo i ricercatori insistono (anche con progetti di FFC Ricerca) nel voler trovare nuovi farmaci magari più efficaci, meno costosi, possibilmente attivi anche sulle mutazioni che ancora non li hanno. Se ne è parlato al Seminario di Primavera di FFCRicerca, il 13 maggio 2023 (qui il link)

3) Perché non somministrare il Kaftrio anche in assenza di dimostrata efficacia su modelli cellulari e valutare il risultato della sperimentazione fatta dal malato ai fini della rimborsabilità?

Ci sembra molto difficile che il malato possa essere allo stesso tempo lo sperimentatore e il valutatore dell’efficacia del farmaco. Una valutazione esterna e imparziale sarebbe comunque indispensabile per assicurare la scientificità della prova. Abbiamo trovato su questo argomento due articoli recenti: il primo è redatto da un autorevole gruppo formato da clinici ed esperti di regolamenti e autorizzazioni all’uso di questi farmaci modulatori. Qui in pratica si suggerisce, per chi ha mutazioni rare, un procedimento a due tappe: prima l’analisi della risposta al farmaco attraverso la misura del funzionamento della proteina in vitro e su cellule animali; poi, se dai test emergono evidenze di efficacia nel recupero di funzione della proteina CFTR, il passaggio alla sperimentazione clinica con rimborso del farmaco da parte del SSN se anche quest’ultima è positiva. Gli autori non si dilungano nel delineare come si svolgerebbe questa prova clinica, ma sembra sottinteso che si tratterebbe di un’osservazione controllata degli effetti (per esempio da parte del Centro FC di riferimento). Questa via a due tappe allargherebbe comunque il pannello delle mutazioni trattabili e rappresenterebbe un compromesso possibile tra le regole della statunitense FDA (Food and Drug Administration), che per autorizzare l’uso di un farmaco ritiene sufficiente la dimostrazione dell’efficacia su modelli cellulari di derivazione animale, e l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), che ritiene indispensabile la sperimentazione clinica controllata. Il secondo articolo riporta un’esperienza condotta in Francia su circa un’ottantina di malati con malattia FC avanzata e nessuna mutazione approvata per il trattamento con modulatori in Europa. Il modello di studio era una sperimentazione in cui il farmaco veniva fornito per uso “compassionevole” dall’azienda produttrice (qui un approfondimento sull’uso compassionevole dei medicinali). Il quadro clinico è stato valutato dopo 4-6 mesi di trattamento con un modulatore, ritenuto ufficialmente non indicato, da una commissione centralizzata. Questa ha raccolto l’andamento dei sintomi, il risultato del test del sudore e della funzionalità respiratoria. In base a questi parametri il modulatore è risultato efficace in circa la metà dei soggetti, inefficace negli altri. In sintesi, l’esperienza, seppure condotta su un numero di malati ristretto e soprattutto per un tempo molto breve, sembra suggerire come la risposta clinica ai modulatori abbia una certa imprevedibilità e molto sia ancora da conoscere.

La ricerca continua e porterà contributi utili alla soluzione del problema. Al momento però gli approcci descritti, il primo solo teorizzato e il secondo sperimentato in Francia, non sono praticabili in Italia.

Dott.ssa Graziella Borgo, clinico FC e genetista - Dott. Carlo Castellani, Direttore scientifico FFC Ricerca


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