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18 Luglio 2012

Riflessioni sulla ricerca e sul realismo della speranza

Autore: Annalisa
Domanda

Salve, vi torno a scrivere perchè sono molto rattristata e demoralizzata dai risultati della ricerca. Avendo mia figlia una mutazione rara di classe I (splicing) e una di classe IV, dopo che è fallito il denufosol un po’ di tempo fa, ora ho dovuto assorbire altri tremendi colpi: ataluren ha dato risultati deludenti e comunque non può essere di utilità per le mutazioni di splicing; la mutazione di classe IV di mia figlia (R347P) non è tra quelle rispondenti al kalydeco. Posto che le ricerche sui canali alternativi del cloro e sugli altri correttori-potenziatori sono ancora agli albori e che ancora più indietro sono la terapia genica e le pallottole molecolari, mi ritrovo, per la prima volta, a sentirmi sempre più spesso senza speranza e fiducia per il futuro di mia figlia. Grazie per tutte le notizie che saprete darmi per consentirmi di guardare al futuro con almeno un po’ di rinnovato ottimismo.

Risposta

Questo è un tipo di riflessione e di sentimento che ci viene spesso trasmesso da persone che seguono la nostra comunicazione. E diciamo subito che non c’è da questa parte nessuna intenzione di elargire speranza e ottimismo a basso costo. Preferiamo invece evocare con realismo fatti concreti, carichi di luce ma anche di ombre.

La ricerca scientifica è un percorso che gli scienziati fanno oggi insieme, cercando di superare con ogni mezzo i tanti ostacoli che si frappongono al raggiungimento dell’obiettivo unico, la cura della malattia. In questo percorso vi sono momenti di successo e momenti di sconfitta. Ma il percorso comunque insegna sempre molte cose nuove che ci permettono di riprendere da dove avevamo fallito.

E’ diventato un luogo comune, a cui pochi però pongono sufficiente attenzione, anche se è una verità indiscutibile, far osservare che oggi i malati di fibrosi cistica hanno raggiunto una speranza di vita che nemmeno ci sognavamo 30-40 anni fa: e questo è avvenuto grazie ad un intenso progressivo investimento nella ricerca, pur integrato con una migliore cultura della salute e una migliore organizzazione dei servizi sanitari. Di quanto abbia fatto, gradino per gradino, la ricerca in questo risultato pochi oggi si accorgono e forse non molto interessa alle persone che oggi combattono giorno per giorno per star meglio.

Forse non viene abbastanza valutata l’importanza di ciò che è avvenuto con Kalydeco, il farmaco che cura alla radice i malati con mutazione G551D, ma diventerà con grande probabilità farmaco curativo anche per malati con altre mutazioni (comprese quelle di classe IV di cui parla la domanda). Sarà kalydeco o altro potenziatore anche migliore, combinato con un farmaco correttore, che avrà ragione, almeno parziale, della malattia anche nei pazienti con la comunissima mutazione DF508. Su questo c’è una concentrazione di ricercatori e di progetti in varie parti del mondo, con punte eccellenti anche in Italia. E poi sarà la volta delle cure molecolari delle mutazioni splicing e forse anche di mutazioni più rare. E’ vero che ataluren (PTC124) per le mutazioni stop non ha dato i risultati sperati, ma questo filone di ricerca ha permesso di aprire strade nuove per intervenire sulle mutazioni stop e infatti già farmaci alternativi stanno avanzando in maniera promettente.

E’ importante ricordare che kalydeco ha aperto la strada in misura determinante alle terapie mutazione-mirate ma che questo risultato non è stato solo l’investimento in ricerca di un’azienda farmaceutica bensì esso è stato anche il frutto dei tanti contributi di ricerca che tanti scienziati, anche italiani, hanno dato per far maturare le condizioni favorevoli alla brillante soluzione. Questo significa che molti studi detti “di base”, di cui in parte si occupa anche la Fondazione Ricerca FC, sono stati essenziali per capire che cosa succede nelle cellule e nei tessuti FC-malati e qual’era il bersaglio di queste cellule che andava colpito terapeuticamente con molecole ricercate pazientemente tra la moltitudine di quelle note e l’altrettanta moltitudine di quelle da inventare, passo dopo passo, errore dopo errore.

Certamente, chi non ha questa visione realistica della ricerca può far fatica a cogliere come essa abbia lavorato e stia lavorando faticosamente, con i tempi che la ricerca inevitabilmente richiede, per i nostri figli di oggi e per quelli che comunque verranno. La ricerca è fonte di entusiasmo e di speranza, ma talora anche di scoramento e delusione, pur con le dovute differenze, tanto per chi fa ricerca che per chi attende da essa la soluzione al proprio personale problema di salute. Non c’è in questo una regola generale di consolazione, c’è solo, per chi ha fiato di cimentarsi e di saper attivamente aspettare, la volontà di farsi carico ora dell’impegno serio che la ricerca richiede. Noi siamo tra quelli, e sono molti, che hanno la pretesa di essere qui per questo.

G.M.


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